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Linguaggio e simbolismo tra scienza e spiritualità

Fin dall’antichità si è sviluppato un pensiero logico matematico, che andava cercando le cause e le relazioni tra i diversi fenomeni osservati. Nel tempo la scienza moderna ha standardizzato un linguaggio, la Matematica, fatto di regole, leggi e principi che teoricamente esulano dall’esperienza soggettiva.

di Andrea Di Terlizzi e Ilia Musco

Comunichiamo attraverso il linguaggio, sia verbale che non, e i linguaggi possono essere molto differenti tra loro, sia per la differenza di simboli e gesti – che non sono altro che simboli di altro tipo – sia per il significato in essi contenuto. A causa di queste differenze, dovute all’esperienza personale, il linguaggio umano per sua natura è intrinsecamente soggettivo. Possiamo infatti osservare come in tempi e luoghi diversi del pianeta si siano sviluppati diversi linguaggi, adatti a descrivere la realtà così come viene percepita. In questo modo si sono generate visioni molto diverse tra loro, dando origine a quello che comunemente viene definito il contesto culturale. Allo stesso tempo, l’essere umano ha tentato di sviluppare un linguaggio più oggettivo per comunicare concetti fondamentali che esulano dall’esperienza personale, tramite il quale studiare la struttura della realtà che lo circonda, nel tentativo alquanto ambizioso di arrivare a comprendere la natura dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande, come la struttura fondamentale della materia e l’origine dell’Universo.

Fin dall’antichità si è sviluppato un pensiero logico matematico, che andava cercando le cause e le relazioni tra i diversi fenomeni osservati. Nel tempo la scienza moderna ha standardizzato un linguaggio, la Matematica, fatto di regole, leggi e principi che teoricamente esulano dall’esperienza soggettiva. Chiunque studi e comprenda il linguaggio matematico dovrebbe quindi essere in grado di comunicare con un’altra persona in modo oggettivo, senza problemi di interpretazione legati alla cultura di provenienza o alla sensibilità personale.

La Matematica, figlia del pensiero logico che studia le cause dei fenomeni, si propone come un linguaggio strutturato per descrivere le relazioni di causa ed effetto di fenomeni, normalmente esterni all’osservatore, inseriti all’interno di una struttura spazio-temporale. Grazie ad una rivoluzione concettuale di grande importanza si è riusciti a descrivere in modo matematicamente coerente anche fenomeni la cui natura dipende intrinsecamente dall’osservatore stesso, che nello studio dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo ha visto la nascita all’inizio del ‘900, rispettivamente della Meccanica Quantistica e della Teoria della Relatività. Allo stesso tempo fin dall’antichità l’essere umano si è sempre dedicato all’ascolto e allo studio di una dimensione più interiore, nel tentativo di dare un senso alla propria esistenza. Questo ha dato origine alla nascita di Filosofie e Religioni, che in modi diversi hanno cercato di indagare la natura spirituale dell’essere umano. All’interno del vasto mondo della Spiritualità si sono così sviluppate le consistette Scienze Interiori, come lo Yoga e la Meditazione, con lo scopo di guidare l’essere umano alla comprensione della sua natura interiore. Per chi li ha sperimentati seriamente si tratta di veri e propri strumenti di indagine in grado di sondare al proprio interno sempre più in profondità, così come la Scienza ha sviluppato strumenti sempre più sofisticati per lo studio dell’Universo.

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Se nel tempo la Scienza ha sviluppato un linguaggio logico matematico sempre più complesso, in grado di descrivere tanti aspetti del mondo materiale-fenomenico in modo coerente e oggettivo, condividendo le proprie conoscenze con chiunque conosca il linguaggio matematico, lo stesso non si può dire per le Scienze interiori le quali, a una prima analisi, sembrano dipendere molto dal contesto culturale all’interno del quale si sono formate. Nelle diverse Tradizioni simboli e concetti assumono sfumature e significati molto diversi, fino a esprimere visioni a volte molto contrastanti tra loro.

Proviamo a questo punto a fare un passo indietro e riflettere davvero sul concetto di linguaggio, andando oltre la semplice visione di uno strumento ordinariamente concepito come un sistema di comunicazione dall’interno all’esterno. Per far questo è molto importante aprirsi a una riflessione fondamentale: il linguaggio serve a descrivere il mondo osservato? Nasce certamente a questo scopo, ma è il suo unico effetto? Esiste in effetti un più fondamentale fenomeno legato alla parola e ai suoi simboli: essi nascono per descrivere il mondo, ma finiscono per crearne uno nuovo e totalmente soggettivo; talvolta, perfino inesistente. In altre parole, vogliamo presentare una tesi non difficile da dimostrare, ma che sembra totalmente sfuggire all’attenzione della stragrande maggioranza delle persone; qualcosa che è in grado di influenzare in maniera preponderante la nostra vita mentale, emozionale e, in ultima istanza, l’intera nostra relazione con la società e i suoi appartenenti.

Il linguaggio, prima ancora di fungere da strumento comunicativo, in qualunque ambito venga utilizzato, rappresenta un potente mezzo di alterazione della realtà. La nostra mente è composta da simboli aventi specifici significati (parole), che usiamo per descrivere, ossia applicando un processo che va dall’interno (osservatore) all’esterno (oggetto osservato), ma si verifica anche l’inverso: i nomi che diamo alle cose e i significati che attribuiamo a tali nomi, tendono progressivamente e inesorabilmente a cambiare la nostra visione della vita e della realtà.

Tu diventi ciò che pensi”, dicevano i filosofi dell’antica India. Si tratta di un fenomeno evidente che ha implicazioni maggiori di quanto possa sembrare a prima vista. Un bambino inizia a formarsi la sua idea di realtà a partire dal linguaggio che gli è stato insegnato e dai simboli che essi rappresentano – e infatti gli abitanti di ogni regione del pianeta hanno una loro specifica percezione di “giusto” e “sbagliato” – ma questo processo continua in età adulta, ed è ciò che permette la permeabilità a varie forme di condizionamento sociale, come la promozione pubblicitaria, la propaganda politica e quella religiosa. In altre parole, si parla sempre di comunicazione e di linguaggio come di strumenti per trasferire concetti, idee e indicazioni ad altri, ma non ci si rende conto che il continuo uso di certi simboli del linguaggio porta in chi li usa a modificare la sua stessa percezione della realtà e, infine, a sclerotizzarla in una sorta di mappa soggettiva della vita.

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Linguaggio parlato e pensiero sono due facce della stessa medaglia. Ne consegue che l’abitudine a comunicare con un certo linguaggio modifica il proprio modo di pensare. Il pensiero influisce sulle emozioni, le quali ci spingono a determinati comportamenti. Questi ultimi, impattando sull’ambiente esterno, generano un effetto di ritorno a noi, esercitando un’influenza proporzionale a quella prodotta da noi stessi all’inizio del processo.

A ben osservare, quindi, il linguaggio – quale esso sia – più che descrivere il mondo lo ricrea nella nostra mente, generando un’enorme influenza su noi stessi e sulla società. Ecco perché i popoli appartenenti a razze diverse (e spesso anche solo a diverse nazioni), avendo un linguaggio fonetico differente e sostanziali difformità nel fornire significati simbolici alle parole, manifestano caratteristiche umane dissimili gli uni dagli altri. La parola, il linguaggio, è la prima “scatola” nella quale si porta a sviluppare la mente di un bambino. Sarà difficile, negli anni a venire, che il bimbo divenuto adulto possa interamente liberarsi di limiti imposti dai primi condizionamenti che, tramite il linguaggio, non gli hanno descritto il mondo per quello che è, ma esclusivamente per come i suoi educatori (un popolo, una nazione, una tendenza religiosa o ideologica), credono che esso sia. Fino a che punto questa “soggettività” influenza unicamente le nostre relazioni umane, senza spingersi oltre? Ad esempio, come abbiamo visto prima, siamo abituati a considerare la scienza come un fenomeno oggettivo e relativamente libero da influenze soggettive; la matematica come linguaggio universale, la sperimentazione di laboratorio come evidenza indiscutibile, e così via. Ma… è davvero così? Può una mente condizionata da una certa percezione del mondo, derivante dall’assunzione di un dato numero di simboli limitati, partorire un metodo di indagine che trascenda gli stessi confini tracciati dai simboli da cui è stata essa stessa creata e nutrita?

La risposta a questa domanda apre uno spaccato totalmente nuovo sullo stopping mind della meditazione presente nel Buddismo e nella tradizione dello yoga antico. Porsi in una condizione di “assenza di gravità mentale”, come una forma di reset psichico che permetta di osservare la realtà senza i veli del linguaggio conosciuto, può rivelare nuove realtà e possibilità altrimenti sconosciute, in grado di influenzare forse anche la Scienza. Una sorta di rinascita momentanea, nella quale gli occhi della coscienza guardano ciò che sta “là fuori” con una nuova consapevole e libera intelligenza, non oscurata dai dati precostituiti. Da ciò, in seguito, potrà nascere un linguaggio più idoneo a comunicare e a descrivere il mondo attorno a noi. Descriverlo, più che renderlo a immagine e somiglianza dei nostri condizionamenti.

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Andrea di Terlizzi: è nato a Milano nel 1955. Ha studiato e praticato a lungo filosofie e scienze orientali, approfondendo le scienze simboliche occidentali. Esperto degli effetti prodotti dalle onde sonore e dal suono, opera nell’ambito delle influenze esercitate dalla vibrazione acustica sul cervello e sulla sfera emozionale. Da tempo si dedica alla diffusione di discipline per favorire un risveglio interiore secondo il metodo Sphera, da lui fondato insieme ad Antonella Spotti. Conferenziere e autore di numerosi libri, tiene seminari e incontri teorico-pratici, promuovendo la libertà interiore come strumento principale del progresso individuale.

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Ilia Musco è nato a Reggio Calabria nel 1975. Laureato in Fisica, ha ottenuto il Dottorato di Ricerca (Ph.D.) in Astrofisica presso la Sissa di Trieste. Esperto di buchi neri e cosmologia primordiale, ha lavorato come ricercatore presso le più importanti università europee, a Londra, Oslo, Parigi, Barcellona e Ginevra. Da Gennaio 2021 sarà ricercatore presso La Sapienza di Roma. Da diversi anni affianca alla carriera scientifica lo studio approfondito della filosofia orientale e la sperimentazione dei procedimenti psichici del Raja Yoga, con prevalente interesse per gli effetti della meditazione sul cervello e sulla consapevolezza individuale.

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