A venticinque anni ho avuto la mia prima crisi esistenziale (ma era solo il lavoro)

di Serena Votano

Per farvi capire quanta importanza diamo al lavoro (al di là dei cliché sull’affitto e il costo della vita), basti pensare che è la prima o seconda cosa che diciamo di noi dopo aver detto il nostro nome. E a venticinque anni parlare del mio lavoro – anzi, del lavoro che non avevo più – mi mandava in crisi. Facevo una fatica bestiale per raggirare la domanda parlando delle mie passioni, dei miei viaggi o del motivo per cui mi trovassi in un determinato posto, ma alla fine percepivo nei miei interlocutori un interrogativo ricorrente: “Ma cosa fa per vivere a Milano?”. E la fatidica domanda veniva fuori: “Sì, ma che lavoro fai?”.

E a quel punto iniziava il mio solito lamento sul fatto che da poco lavoro in un posto carino, ma prima lavoravo in una casa editrice – ovvero il mio sogno. Insomma, mi rendevo conto del fatto che parlavo del mio vecchio lavoro come se fosse una ex relazione tossica, e non c’era verso, avevo quel nodo lì del sogno infranto che non riuscivo a tenere per me. C’ho impiegato mesi, tra lacrime e rabbia repressa, prima di arrivare al fatidico momento in cui mi son detta: “Lascio questo lavoro, anche se non ho altro”, e nel bel mezzo una crisi esistenziale.

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