
La famiglia, con tutte le articolate relazioni tra i suoi componenti, con il ventaglio di possibilità del binomio amore e odio, con il suo irresistibile potere protettivo che spesso e volentieri si trasforma in una ragnatela fatale, è uno dei terreni ancora molto fertili della narrativa. In particolare il rapporto genitori – figli viene declinato e lavorato da un gran numero di autori contemporanei e non è sempre facile trovare un approccio diverso e fresco. Questa impresa riesce bene a Michelle Steinbeck, giovane scrittrice svizzera che si cimenta col suo primo romanzo: “Mio padre era un uomo sulla terra e in acqua una balena” (Tunué, pp. 110, euro 17) tradotto dal tedesco da Hilary Basso.
La protagonista di questa moderna favola nera è Loribeth, una ragazza difficile e complessata che, abbandonata dal padre, si mette in viaggio alla sua ricerca e racconta in prima persona. Con sé porta una valigia, come da tradizione, ma già subito questo elemento viene reso spiazzante: nella valigia il contenuto è un bambino. E proprio questo bambino dalle scarpe lampeggianti è il primo incontro che fa Loribeth, un incontro suggellato da una scena surreale: “Un ferro da stiro incandescente mi preme sul petto, scatto in piedi e lo lancio fuori dalla finestra. Si sente un colpo sordo. Guardo giù. Ecco il ferro da stiro. Ed ecco anche il bambino con le scarpe che lampeggiano.” Il ferro ha sfondato il cranio del bimbo: la protagonista non fa cerimonie, lo piazza sul calorifero e il malcapitato si riprende, diventa il fardello da portarsi dietro. Il mondo che Loribeth affronta è truculento e nonsense, costellato di personaggi e luoghi usciti da un incubo in cui si può anche ridere: c’è la chiromante dai capelli blu e le mani da ragno che le rivela dettagli sulla sua vita, e c’è un vecchio senza gambe che pedala con le mani, figure che possono ricordare il Paese delle Meraviglie di Alice ma anche i teneri e violenti protagonisti di Tim Burton. Attraversando l’enigmatica città rossa e raggiungendo l’isola da cui non si esce su una nave fatta di vecchie lattine di conserva, Loribeth incontra Fridolin Seifert, un fanciullo magro con le gambe a stecco inebriato dal vino: di lui, in un modo del tutto particolare, la ragazza si innamora. Ma il momento cruciale è dietro l’angolo e consiste, come è ovvio, nel ritrovamento del padre. L’uomo vive sull’isola con i suoi libri e un pappagallo: è un padre infantile, eternamente giovane, un solitario allucinato che non voleva avere figli e il confronto con lui suggellerà questo bizzarro romanzo di formazione.
La traduttrice Hilary Basso è stata folgorata già dal titolo del romanzo: “Un titolo inusuale, lungo, banalmente illogico ma sbalorditivo. Poi, leggendo la storia, il mio orizzonte di lettrice ha dovuto spostarsi: la logica della mia mente cercava di continuo di riportare nell’alveo della normalità, della convenzione, quanto leggevo, ma invano, perché fino all’ultima riga è stata una lotta persa. Ma per quanto pazzesche potessero essere la trama e le atmosfere, ciò che più mi colpiva era la genialità delle parole e delle immagini usate per esprimerle, per ricrearle.” Steinbeck è un’autrice originale sottolinea Hilary Basso: “E poi l’incipit del romanzo in medias res, con la sua carica drammatica intrinseca, l’incapacità di capire dove ci si trova, perché, in quale dimensione – è realtà? è sogno? – e gli episodi surreali e al contempo buffi che seguono, il loro cozzare, il linguaggio a volte un po’ splatter, non sminuiscono affatto la credibilità della trama.” Michelle Steinbeck è una scrittrice e giornalista svizzera. Scrive storie, poesie, testi teatrali, articoli e reportage per riviste. “Mio padre era un uomo sulla terra e in acqua una balena” è stato nominato per il Premio del libro svizzero e tedesco. Nel 2018 è uscita la sua prima raccolta di poesie. Steinbeck organizza eventi letterari per giovani scrittori ed è caporedattore della rivista zurighese Fabrikzeitung.
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