di Terry Passanisi

Ieri sera, nel programma televisivo di approfondimento “Otto e Mezzo” condotto come sempre magistralmente da Lilli Gruber, il giornalista Francesco Borgonovo, caporedattore de “La Verità” (uno di quei quotidiani, per capirci, con dentro Belpietro, Giordano, Capezzone e Mamma Fratelli), nel suo solito trip lisergico come dopo aver leccato la schiena sudata di Salvini, ha il coraggio di dichiarare, parola più parola meno: “La scorta a Liliana Segre è stata decisa in base a falsità, adducendo che ricevesse fino a 200 minacce e insulti sui social… Peccato che la Segre non abbia profili social!”
Ora, io posso capire che, a vederlo, salta subito all’occhio che il sedicente giornalista Borgonovo sia più prestante fisicamente che d’intelletto, ma la vomitevole affermazione è frutto, senza ombra di dubbio, di uno dei due perché:
- Il primo è che bisogna spiegare al male informato simpatizzante di estrema destra della prima ora che le minacce non sono quelle pubblicate su presunti e, appunto, inesistenti profili della Segre, ma su quelli privati degli adoranti fan antisemiti di Salvini, cellulare in una mano e braccio teso nell’altra. Minacce che esistono e sono state ben che verificate dagli organi istituzionali preposti;
- Il secondo (my two pennies’ worth…) è che Borgonovo, mentre architetta e proferisce tale palla cosmica, sia talmente in malafede e subdolo, come tutti quelli della sua risma, da cercare di vendere altra palta propagandistica, ancora e ancora, ai soliti decerebrati adoranti, in quel momento davanti alla tivù perché, magari, invitati prima con un bestiale battage social a seguire l’idolo indiscusso della distorsione della realtà.
Come direbbe Quelo: “La seconda che hai detto!”, accompagnato dai volti allibiti e dall’espressione schifata mal nascosta di Paolo Berizzi ed Enrico Carofiglio e di Gruber stessa, ai quali da lì a poco inizieranno a sanguinare le orecchie, mi è parso di vedere. Del resto, quella elencata all’inizio – Mamma Fratelli a parte, che avrebbe comunque una sua dignità, là in mezzo – è la solita cricca di “Libero”, “Il Giornale”, “La Verità”, e non ci si potrebbe aspettare di meglio: quando, fin dalla fondazione di un progetto di propaganda politica, hai talmente la coda di paglia da mettere subito freudianamente in chiaro, fin dal titolo, ciò che non sarai in grado di perseguire.