Ludopatetici

di Fabrizio Bocca

La parola del momento è “ludopatia”. Che come vedete nella definizione della Treccani è la malattia del gioco d’azzardo. La ludopatia è dappertutto. Siamo di fronte, dicono tutti, a un caso di ludopatia collettiva nel calcio. Una specie di virus. Ne soffrono, dicono ancora, decine e decine di giocatori. Attendiamo che qualcuno ci squaderni le liste di questi scommettitori ossessionati.

L’ultimo scandalo scommesse, quello affidato alla turpe regia di Fabrizio Corona, – a seguire il maggior filone interpretativo dei media – coinvolge giocatori che hanno il vizio del gioco, che non possono trattenersi dallo scommettere compulsivamente sul telefonino, in sostanza ne sono dipendenti. Né più né meno come se sniffassero cocaina. Fagioli confessa di essersi indebitato per cifre ingentissime (si dice un milione di euro) e Tonali pare già disponibile a terapie riabilitative, a seguire un programma di recupero e via così. Insomma calciatori affetti da una grave patologia e da “disintossicare”: questa è la tesi.

Quando mi capitava di frequentare una sala corse – ne avevo una sotto casa e una sotto la sede di dove lavoravo un tempo – per delle innocentissime Tris che comunque non hanno mai acceso in me la scintilla del gioco, mi capitava di vedere, credo, qualche “ludopatico”. Persone spesso completamente rapite dal demone del gioco, incuranti del resto del mondo e di qualsiasi cosa che non fosse la scommessa del momento, vestiti con la prima cosa che capitava e quasi sempre la stessa, fumatori incalliti, pieni di tic, la vita trascorsa dentro quell’antro squallido, puzzolente, scialbo. E soprattutto, mi dicevano, spesso indebitati in maniera impressionante: operai e impiegati con uno stipendio modesto indebitati per decine di milioni di lire presso gli strozzini, soldi da dover restituire a chiunque. Non so come facessero, la loro non era una vita, ma una pratica di sopravvivenza tra una puntata e l’altra. Aspettando la vincita che avrebbe risolto tutti i problemi. E che invece non sarebbe arrivata mai. Lo stesso possiamo tutti dire di quelle persone che vai al bar e le trovi eternamente davanti alla macchinetta della slot machine. Ore e ore a schiacciare i tasti, a controllare l’allineamento degli oggetti più strambi, e a farsi ricaricare la slot dal gestore. La “ludopatia”, in questo caso, è la prima tesi difensiva che punta a un consistente sconto via patteggiamento, anche del 50%.

Ecco, io vorrei sapere: chi è che ci dice che Fagioli, Tonali e Zaniolo siano dei “ludopatici”. Loro? Non mi risulta che qualcuno ci abbia parlato in maniera approfondita. Piuttosto gli avvocati, i club e tutti quelli che intervengono perché evidentemente sanno, anche se non si sa come. Stiamo dando cioè questi calciatori per “malati” senza saperne nulla e dando ascolto a chi parla nel loro interesse, per difendere loro e le loro carriere. La “ludopatia” è ovviamente, in caso di ammissione di colpa e patteggiamento rapido, la prima grande attenuante per chi è coinvolto in storie del genere. E’ una tesi difensiva, ammissibile e accettabile certo, ma pur sempre una tesi difensiva. Non ancora dimostrata.

“Sì, questo ragazzo ha scommesso moltissimo, ma perché voleva farlo, non è vittima di ludopatia”

Veniamo al punto. Se accettiamo, detto fatto, la tesi della “ludopatia” non è giusto che ci sia una squalifica, non si può squalificare una persona affetta da una patologia medica precisa e grave, incapace di badare a se stessa. Va sospesa e recuperata fino a quando non è completamente uscita dal tunnel. Così come chi compie reati previsti dal codice penale, se è “incapace di intendere e di volere” non è imputabile, non può pagare il conto della propria condotta fuorilegge secondo i normali canoni della giustizia. Serve un’altra misura.

Insomma la ludopatia accende complicate discussioni ed esami sulle capacità e sulle facoltà dei giocatori coinvolti in questa storia che noi stiamo completamente saltando. Prima di provare che un calciatore che affronta già normalmente senza problemi stress enormi, vive in un ambiente non degradato, non è certo un tipo abbandonato a se stesso, e non ha particolari problemi e vive in una condizione privilegiata, prima di dire insomma che soffre di “ludopatia” ce ne vuole. Senza contare che ha avuto l’accortezza di andare a farlo su siti illegali esteri, preoccupandosi di occultarsi ben bene, di difendere l’anonimato e comunque cercare guadagni veloci, in quale maniera ancora non sappiamo bene. Insomma, non basta la quantità ingente di scommesse registrate su questo o quel sito. In ogni caso non lo stabiliamo noi così a tavolino, ci vogliono specifiche perizie di psicologi e professionisti del settore. Così come accadrebbe in un normalissimo processo giudiziario. Cosa diremmo se una perizia affermasse: “Sì, questo ragazzo ha scommesso moltissimo, ma perché voleva farlo, non è vittima di ludopatia”. Cambierebbe tutto, no?

Non mi risulta che fino a oggi la “ludopatia” abbia fatto un’apparizione massiccia nei precedenti scandali scommesse. Non certo in maniera così pressante come oggi. Può essere che in passato non avessimo contezza della patologia medica, ma insomma la “ludopatia” inviterei a chiamarla in causa con la giusta prudenza. Non ne siamo così sicuri. C’è anche l’ipotesi che i giocatori scommettessero perché irresponsabili, perché banalmente piaceva loro, perché ne avevano semplicemente la possibilità e non avvertivano freno inibitorio alcuno. Come è possibile, se davvero i giocatori sono così tanti, che qualcuno sia ludopatico e qualcuno no. Non è che se per caso un giocatore ha la pressione alta in una squadra, allora la pressione alta ce l’hanno tutti…

Al tempo stesso convengo che le norme che ci sono in giro oggi sono vecchie, squilibrate, pensate per quando non esistevano internet e i telefonini. E le scommesse erano una roba che implicava anche malavita e soprattutto partite truccate. Squalificare qualcuno per tre anni perché ha giocato su chissà quali partite in Grecia, Turchia, Danimarca o Irlanda è esagerato e non ha raffronto alcuno con chi scommette e trucca partite. Sia la sua o anche di altri. Insomma in questa storia ci sono delle regole di fondo e di comportamento tutto sommato non aggiornate e fuori del tempo. E al tempo stesso non è detto che i calciatori siano per forza incapaci del controllo di loro stessi. O almeno non è ancora provato. E quindi quelle regole, sia pure sballate, le hanno violate irresponsabilmente e senza attenuante alcuna.


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