
Iniziamo l’anno imparando una nuova parola. Una che non ci piace per nulla ma che, purtroppo, racconta un momento tragico che sta vivendo una parte di mondo. La parola è “Domicide”, in italiano “domicidio”, che nasce dall’unione del termine latino “domus”, che significa casa, unitamente a “caedere”che significa uccidere. Quindi, il domicidio è la distruzione di massa di abitazioni per rendere il territorio inabitabile.
Si parla di domicidio dall’inizio degli anni 2000 ma è solo negli ultimi tempi che il concetto è entrato a far parte del dibattito pubblico, tanto che alle Nazioni Unite discutono la necessità di classificarlo come un crimine contro l’umanità. Perché, come scrive Angela Napolitano su Avvenire: “Le case non sono semplici immobili. Sono il luogo in cui nasce, cresce e si forma il senso di appartenenza e l’identità delle persone che le abitano. Distruggerle senza pietà equivale a offenderne la dignità”.
Inutile dire che il termine è all’attenzione degli esperti, prima per la distruzione di Mariupol in Ucraina e adesso per la devastazione di Gaza, dove sono stati rasi al suolo:
- 339 strutture educative
- 167 luoghi di culto
- tra i 26 ei 35 ospedali.
“Le stime del livello di distruzione degli edifici di Gaza sono controverse, ma il nuovo utilizzo delle immagini satellitari suggerisce che 98.000 edifici sono stati danneggiati prima del 29 novembre, data di inizio del cessate il fuoco temporaneo ormai abbandonato. I risultati si basano sull’analisi dei dati satellitari Copernicus Sentinel-1 dell’Agenzia spaziale europea da parte di Corey Scher della City University di New York e Jamon van den Hoek della Oregon State University.” scrive sul The Guardian, Patrick Wintor.