Epigenetically Correct: influenza sullo stato di salute e del comportamento

di Cristi Marcì

Con il termine epigenetica si indica lo studio dei cambiamenti relativi all’espressione genica, i quali non essendo causati da mutazioni genetiche possono essere ereditabili, tramandati e inscritti nel proprio codice comportamentale.

 Ciascuno di noi è portatore di un cosiddetto “bagaglio epigenetico” capace di inscrivere nel corpo e nel soma le diverse modalità di autoregolazione, riorganizzando così la propria omeostasi intrapsichica: la quale riflette la presenza di una o più tracce epigenetiche direttamente correlate allo stato di salute del nostro organismo. Quest’ultimo difatti risente non solo dell’influenza degli stimoli circostanti, bensì di una bussola interna capace di direzionarne l’espressione e ancor più l’interazione (Sweatt, J, D., Meaney, M, J., Nestler, E, J., 2013).

Parlare di epigenetica significa dunque lasciare spazio a quella imprevedibilità grazie alla quale ampliare e acquisire nuove chiavi di lettura entro cui sia la percezione che la memoria consentono una cablatura basata su un nuovo apprendimento: su un nuovo atteggiamento epigenetico (Militello, C., 2022). Un campo di ricerca estremamente importante e di grande interesse, poiché col passare del tempo ha abolito gradualmente la visione riduzionista che a metà Novecento aveva preso piede grazie alle prime scoperte sul genoma; che di contro avevano valorizzato una visione riduzionista dell’organismo e dei suoi numerosi stili di interazione: tanto con l’ambiente interno quanto con quello esterno.

Grazie ai contributi di Fritjof Capra (Capra, F., 2020) scienza e filosofia si sono rivelate in grado di promuovere nuovi spunti di riflessione e quindi nuovi interrogativi, rispetto a quanto ormai risultava causale, prevedibile e per questo limitato. A oggi gli scritti del noto fisico americano chiamano in causa proprio quella struttura infinitesimale che se nel campo della fisica si presentava sotto forma di atomi, particelle subatomiche e quindi in un linguaggio prettamente a-causale, nel campo dell’epigenetica la medesima logica prende vita all’interno del proprio organismo. Pertanto, coltivare una consapevolezza epigenetica è un invito ad accogliere la possibilità di coltivare nuovi stili di apprendimento e nuove bussole attraverso cui direzionare le nostre emozioni e le proprie scelte: prive stavolta di un approccio riduzionista, rischioso e limitante (Hillman, J., 2019).

Consente dunque di acquisire una rinnovata forma di coscienza rispetto alla moltitudine di distretti organico fisiologici caratterizzanti il nostro organismo (Hebb, D. O., 1949), ciascuno dei quali connotato da una flessibilità grazie alla quale si può modificare la frequenza con cui un gruppo di sinapsi o un semplice nervo è solito esprimersi e attivarsi, inducendo un cambiamento relativo ai livelli di espressione di un gene (Bottaccioli, F, Bottaccioli, A, G., 2020). Grazie a questa visione l’individuo non è più adornato di semplici automatismi cognitivi e/o comportamentali, bensì risente a pieno titolo di quella flessibilità in grado di ripercuotersi tanto a livello cerebrale, quanto a livello psichico (Siegel, J. D., 2021).     

Secondo quanto proposto sin qui, l’epigenetica rappresenta il tratto di unione tra la dimensione genetica e quella ambientale (Champagne F, A., Curley, J, P., 2009), un ponte che mette in comunicazione le modificazioni epigenetiche come veri e propri mediatori con i numerosi stimoli ambientali circostanti. Tuttavia, è importante sottolineare come l’interazione non si limiti esclusivamente a fattori fisici o facilmente visibili, ma si estende oltre quello che non vediamo e che spesso e volentieri sentiamo a livello corporeo.

In questa ottica, risulta affascinante vedere come il nostro genoma sembra sapersi adattare a qualcosa di “invisibile” e cioè ad elementi non fisici. Questo inoltre mette in luce una strutturazione ben precisa ed organizzata di quei fattori che giocano un ruolo fondamentale e che nel loro insieme producono meccanismi molecolari coinvolti direttamente negli effetti epigenetici, come nel caso delle cure parentali dopo la nascita (Galimberti, D., 2018). A seguito di quanto descritto è possibile quindi ipotizzare che gli stessi meccanismi molecolari possono indurre modificazioni epigenetiche anche prima della nascita, cioè in fase prenatale, dove il patrimonio genetico parentale una volta trasmesso risulta caratterizzato e arricchito dalle rispettive capacità omeostatiche che sotto il profilo biologico e ormonale influenzano direttamente il feto (Barker, D., 1995).

I meccanismi di metilazione, di trascrizione e la capacità di creare i siti di legame a livello molecolare sembrano quindi rispecchiare solo un primo livello (Jiang, R., 2014). Tuttavia, se si dispongono sullo stesso piano molti fattori, compreso quello genetico, non vuol dire che quanto trasmesso debba necessariamente seguire una determinata strada, non vuol dire quindi che quanto acquisito per trasmissione non possa subire ulteriori trasformazioni in positivo. Se la metilazione del DNA è fondamentale lo è ancor di più a partire dallo sviluppo embrionale.

In questa fase prende vita, gradualmente, un organismo con centinaia di tipi cellulari diversi la cui graduale differenziazione dipende dalle modifiche che incidono e si verificano durante l’espressione dei geni riscontrabile durante lo sviluppo. Se dunque il punto di partenza è dato dalla stessa sequenza genomica, parallelamente – grazie al lavoro e al controllo svolti da sub unità – la differenziazione è promossa attraverso la selezione dei geni che verranno sottoposti o meno a metilazione e a de-metilazione, al fine di promuovere un processo di rimozione e creazione di marker epigenetici o etichette chimiche (Hajkova, P., 2011). Questa sequenza rispecchia dunque lo sviluppo dello zigote le cui caratteristiche epigenetiche rifletteranno la presenza o la mancanza che porterà ad una differenziazione e ancor di più ad un destino cellulare nelle future generazioni di cellule.

L’identità cellulare sembra quindi dipendere pienamente dalla metilazione del DNA, la cui importanza si riscontra proprio durante l’embriogenesi in cui eventuali mutazioni possono raggiungere elevati livelli di incidenza. Nelle prime fasi di sviluppo fetale, in definitiva, l’epigenoma non tende a stabilizzarsi, ma al contrario riflette solo il trampolino di lancio. Le esperienze vissute per esempio in epoca prenatale sono quindi in grado di modificare la struttura della cromatina o il livello di metilazione di un gene, confermando così come un pattern epigenetico possa innescare nuovi e ulteriori cambiamenti (Li, E., 1992).

Cristi Marcì è psicologo psicoterapeuta; grande amante della lettura. Grazie ai libri ha scoperto la possibilità di viaggiare con l’unica compagnia gratuita e senza costi aggiuntivi: la fantasia. Adora i gialli, la saggistica e i romanzi storici.

Ha pubblicato alcuni racconti sulle riviste Offline, Morel: voci dall’Isola, Smezziamo, Kairos e Topsy Kretts. Una sua traccia è apparsa su Quaerere.

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