La leggenda di Yori

di Terry Passanisi

In un tempo lontano quanto è più difficile immaginare – a meno di non concentrarci con tutta la forza mentale –, in un villaggio tra i più piccoli nel cuore del continente di Camambria, viveva un ragazzino di nome Yori. Che si trattasse di un ragazzo di umili origini non ha importanza ai fini della storia, non è neanche certo se si trattasse di un ragazzo o di una ragazza… perché Yori possedeva se non altro un cuore grande, una scaltrezza pari a pochi altri suoi coetanei e, insieme a queste qualità, un coraggio che superava di gran lunga la sua giovane età e la sua modesta provenienza. Contava soprattutto (cosa che avrebbe cambiato per sempre la sua vita) l’antica iscrizione che campeggiava sul dolmen ricoperto di muschi alle porte del suo villaggio. La scritta prediceva che, un giorno, un giovane eroe dotato di forza, buon cuore, coraggio e saggezza avrebbe intrapreso un epico viaggio attraverso i cinque regni di Camambria, per ritrovare la Pietra d’Ambra Kalash. Il magico involucro custodiva al suo interno il piccolo di un drago destinato a risvegliarsi dall’Infinito Letargo, e salvare così il continente caduto nelle mani dei malvagi Predatori delle Tenebre e del loro infernale Re Spettro. Yori, dopo aver letto ogni giorno quell’iscrizione lungo tutti gli anni della sua infanzia, si convinse che quell’eroe non poteva essere che lui.

E ci fu il tempo dei Draghi,

protettori di tutto e di tutti,

in cui tenebre e luce vivevano insieme nel bene e

nel male, in perfetto equilibrio.

E quel tempo finì

E gli esseri viventi, uomini ed elfi, animali e piante

soffrirono sotto il giogo

dei Predatori di Zaukron.

E i draghi smisero di proteggere gli esseri liberi

e si addormentarono.

Finché non arrivò da lontano, fino alle pendici

del Monte del Drago, Yoma-Rì

il Coraggioso-Viaggiatore dei cinque mondi che

li risvegliò.

Yori, il giorno che precedette il suo viaggio, preparò tutto di nascosto. Senza avvertire né salutare nessuno, nemmeno la famiglia, partì un mattino qualunque poco prima che l’aurora facesse capolino, con un piccolo equipaggiamento essenziale: zaino, cibo e acqua, lanterna e fiammiferi, un elmo di cuoio (con i cornini sui lati) e la spada corta del nonno guerriero. Guidato dalle prime luci dell’alba, avviò il suo cammino verso Est per raggiungere il vasto e arido deserto di Abu-Ridàn.

Abu-Ridàn: il deserto di fuoco

Le dune dorate e gli alti spuntoni di roccia rossa, come zanne d’orco, presero il sopravvento sul paesaggio attorno; il deserto si estendeva a perdita d’occhio sotto un sole rovente. Ogni passo sembrò a Yori un’eternità, mentre il caldo implacabile cercava di vincere la sua volontà di ritrovare Kalash, la Culla del Drago, come era soprannominata da quelle parti. Per settimane, Yori attraversò le sabbie infuocate con la borraccia d’acqua sempre più sgonfia allacciata alla cintura di camoscio; ma con la speranza di trovare l’Oasi Sacra che i bellissimi occhi di una donna, il viso nascosto da un velo di seta, gli avevano suggerito in sogno. L’aria fluttuava per il calore e Yori dovette combattere la stanchezza e la sete incessante, più spietata di qualunque nemico in carne e ossa. Mentre cercava riparo dal sole sotto una roccia sporgente, Yori fu avvicinato da un uomo anziano con un turbante in testa e la barba lunga e bianca come il marmo di Karras. Il suo nome era Gøndi, il più saggio del deserto, e conosceva per filo e per segno le storie degli antichi e le vie segrete che le dune rivelavano solo a coloro che ne fossero degni. Gøndi raccontò a Yori che l’Oasi Sacra non era solo un luogo di ristoro, ma una fonte di antica magia che avrebbe potuto aiutarlo nella sua impresa. Il vecchio saggio accompagnò Yori attraverso il deserto, raccontandogli storie di eroi antichi e mostri dormienti sotto le sabbie: geni racchiusi in una bottiglia, demoni incatenati nelle grotte, città in miniatura, clessidre che facevano scorrere le sabbie al contrario, tappeti volanti e scimitarre danzanti.

Quando finalmente raggiunsero l’Oasi, Yori rimase stupito dalla bellezza di quel luogo: palme verdi che ondeggiavano dolcemente, un lago cristallino, uccelli esotici dal piumaggio arcobaleno in grado di fischiare dolci melodie d’amore. Gøndi guidò Yori proprio al centro dell’oasi, dove un piccolo tempio d’ottone sorgeva in mezzo all’acqua trasparente. Al suo interno, trovarono un altare con sopra un’antica pergamena arrotolata. Gøndi disse che il manoscritto conteneva l’indizio per la prossima tappa del viaggio di Yori ma, di fare molta attenzione, poiché solo un cuore puro avrebbe potuto leggere le parole scritte con l’inchiostro magico. Con le mani che gli tremavano, Yori srotolò la pergamena, prese coraggio e lesse: “Cerca il cristallo nascosto tra i ghiacci nelle terre del Nord, dove il freddo è eterno e la luce non può essere vinta”.

Prima che ripartisse, Gøndi donò a Yori un amuleto di protezione; disse che l’amuleto gli avrebbe riscaldato il cuore nei momenti di gelo, solitudine e sconforto. Con gratitudine e determinazione rinnovata, Yori abbracciò con la dolcezza di un figlio il saggio Gøndi (che ricambiò con la dolcezza di un padre) e si preparò per la sua prossima tappa: le lande del gelo eterno di Adarkaïs.

Adarkaïs: le Lande del Gelo

Yori impiegò circa undici giorni per raggiungere i confini delle lande gelate di Adarkaïs, distesa di neve eterna e ghiacciai che neanche il soffio infuocato di un drago avrebbe potuto sciogliere. Il freddo era penetrante, e ogni respiro si trasformava in una nuvola di vapore. Il viaggio attraverso Adarkaïs fu arduo e pericoloso. Yori dovette attraversare colline scoscese e valli gelate, dove il vento ululava come un lupo famelico e la neve non smetteva un solo istante di cadere. Il sole sembrava non tramontare mai. Ogni passo era faticoso quanto tre, ed era una lotta contro il gelo che cercava di penetrargli fino alle ossa. Mentre credeva di non farcela più a resistere, nonostante l’amuleto, accanto al minuscolo fuoco blu del suo accampamento che non riusciva a scaldarlo, Yori fu avvicinato da una sottile figura misteriosa avvolta in un mantello di pelliccia. La figura si rivelò essere Valerj, una Guerriera Artica dall’animo gentile di ritorno dalla sua battuta di caccia, arco e faretra a tracolla, una treccia rossa lunga fino alle ginocchia e gli occhi azzurri come uno zaffiro. Valerj portò Yori al villaggio della sua tribù, insediata tra i ghiacciai, dove fu accolto con cordiale ospitalità in un’enorme capanna comune con uno scoppiettante focolare al centro.

Nella capanna, tutti attorno al fuoco, Yori apprese le antiche tradizioni e le tecniche di sopravvivenza dei Guerrieri Artici, che vivevano in armonia con la natura scontrosa e le difficili condizioni climatiche, rispettando gli spiriti del ghiaccio. Valerj gli raccontò delle Caverne dei Ghiacciai, nascoste nelle profondità delle montagne, dove le antiche leggende davano per certa l’esistenza del Cristallo del Gelo. Con il permesso del capo della tribù, Yori e Valerj si misero in cammino verso le caverne affrontando insieme, prima di raggiungerle all’estremo Nord, creature selvagge e trappole naturali lungo il percorso. La Pantera Bianca con tre occhi fu la belva in assoluto più difficile da battere: da essa, Valerj confezionò per sé e per Yori un mantello in grado di proteggerli dalle zanne (e dalle armi) delle creature predatrici più letali.

Dopo gli ultimi giorni di marcia, raggiunsero finalmente l’ingresso delle caverne, custodite da un’antica Sfinge di ghiaccio. Con astuzia, Yori e Valerj superarono la Sfinge senza doverla combattere, attraverso un passaggio segreto, e penetrarono nelle profondità del labirinto di roccia e neve, dove il freddo era così intenso che persino il respiro si congelava nell’aria. Nell’ultima sala delle caverne, trovarono il Cristallo del Gelo, un’enorme gemma scintillante simile a una stalattite che emanava una luce azzurra e più glaciale di tutto il resto. Incisa sul cristallo, una serie di rune che Valerj fu in grado di decifrare; fu così che Yori trovò il secondo indizio: “Nella giungla di Lubas, dove la natura esplode in mille colori, troverai il terzo indizio sull’unico petalo nero”. Con una nuova speranza nel cuore, Yori ringraziò Valerj e la tribù dei Guerrieri Artici, promettendo di tornare un giorno da loro per condividere le storie della sua avventura.

Lubas: l’Isola tropicale degli Elfi

Il viaggio di cinque giorni in canoa portò Yori verso Sud, fino alle coste lussureggianti di vegetazione di Lubas, un luogo dove la vita esplodeva in mille colori e altrettanti suoni. Dopo aver attraversato il freddo glaciale di Adarkaïs, Yori fu subito sopraffatto dal caldo soffocante e dall’umidità opprimente della foresta tropicale. La giungla era un groviglio verdeggiante di alberi la cui cima si perdeva in cielo, liane intrecciate e fiori esotici che emanavano profumi inebrianti dalle corolle di tutte le sfumature. Ogni passo di Yori era accompagnato dal ritornello degli uccelli tropicali e dai versi di creature nascoste tra la vegetazione. Yori dovette far fronte a numerose avversità: insetti pungenti, serpenti velenosi ed enormi piante carnivore che, calando d’improvviso dall’alto, cercavano di intrappolarlo nelle loro bocche appiccicose.

Una compagnia di elfi della foresta, guidata da un druido di nome Nakoa con una collana di fiori e pitture mimetiche su tutto il corpo, lo trovò e lo accolse nel loro villaggio sospeso tra gli alberi. Nakoa, con i suoi occhi verdi come la clorofilla e capelli lunghi e dorati come il sole di quelle terre, era il Guardiano della Vita della foresta. Gli elfi sapevano già di che cosa fosse alla ricerca Yori e gli raccontarono le antiche storie della giungla e i segreti magici che la contraddistinguevano. Nakoa aiutò Yori a orientarsi e a trovare la via più breve per attraversare la foresta, per cercare l’antico albero parlante, la creatura più antica di tutto il continente di Camambria, più antica ancora dei Draghi, custode del terzo indizio. Un’altra settimana di marcia attraverso la giungla, e Yori e Nakoa, scortati da una guarnigione di elfi esploratori, raggiunsero finalmente Krokoas, l’Albero parlante. L’albero, con il suo tronco massiccio e le radici profonde, emanava un’aura di antica saggezza e di infinita conoscenza. Con voce profonda e tonante, l’albero raccontò a Yori le antiche battaglie tra i Draghi protettori e i Predatori delle Tenebre, a cui egli stesso aveva assistito, e della promessa di un eroe-viaggiatore che avrebbe un giorno riportato l’Equilibrio.

Tra le infinite fronde dell’albero, salendo sempre più in alto, fin oltre le nuvole, con il suo stesso aiuto, Yori trovò tra i fiori di mille colori il Petalo Nero le cui le venature fosforescenti dicevano: “Nelle pianure ricoperte di grano, dove i venti sussurrano leggende, lì il quarto segreto è custodito nel guscio della Noce Scintillante”. L’albero socchiuse gli occhi, sorrise beffardo – e altrettanto fece Nakoa – e Yori si ritrovò trasportato sulla sua canoa in mezzo a un mare in tempesta.

Turimbol, le Pianure del Vento

Navigando attraverso i mari tempestosi dell’Ovest, seguendo la direzione del vento Levante e del sole, Yori avvistò in lontananza le coste di Turimbol, un luogo battuto da instancabili folate e circondato da scogliere scoscese. Il viaggio per mare fu una prova a sé di resistenza e abilità. Yori superò tempeste violente, onde e fulmini giganteschi e creature anfibie con il marchio delle Tenebre impresso sulla fronte, gli artigli squamati e la pelle di pesce, che cercarono di trascinarlo nelle profondità. Con la determinazione nel cuore, guidato dalle stelle della notte, riuscì a raggiungere le spiagge bianche sotto le coste di Turimbol.

Le sue pianure erano un luogo di bellezza straordinaria, con scogliere a picco sul mare e prati ondeggianti sotto il soffio costante del vento. Mari d’erba e di spighe di grano. Gli abitanti di quelle pianure, conosciuti come i Soffiatori di Vento, erano un popolo misterioso e riservato, impossibile capire se amichevole od ostile, ma che viveva in armonia con gli elementi e custodiva la tradizione del Soffio Eterno. Yori fu accolto in casa da una donna anziana di nome Bora, la matriarca degli abitanti delle pianure, che gli raccontò i segreti dei venti.

Bora accompagnò Yori lungo il sentiero maestro che tagliava le pianure, fino a un immenso mulino nascosto tra le scogliere. Il mulino aveva pareti bianche senza porte né finestre, e sarebbe stato accessibile solo quando il vento si fosse placato e le sue pale si fossero fermate. Bora pronunciò allora delle parole magiche, e il vento si fermò all’istante. Dentro al mulino, sopra a un tavolo di legno, Yori trovò la Noce Scintillante, e accanto a essa uno schiaccianoci che emetteva una luce argentea a tal punto da illuminare tutta la costruzione. Bora lo esortò a fare attenzione, poiché la noce era protetta da antiche maledizioni conferite dal sigillo delle Tenebre che portava inciso. Con mano decisa, Yori impugnò lo schiaccianoci e colpì il guscio esattamente al centro del malefico simbolo; la noce si dischiuse in due parti perfette, rivelando al suo interno un biglietto: “Sulla vetta della Montagna del Drago, la Pietra d’Ambra è protetta dal Guardiano del cimitero dei Draghi”. Con il vento alle spalle e la promessa di un successo imminente, Yori ringraziò Bora e i Soffiatori di Vento, preparandosi per l’ultima e più ardua tappa del suo viaggio.

La Montagna del Drago

L’ultima tappa del viaggio portò Yori sulla vetta maestosa della Montagna del Drago, un luogo di leggende e misteri, dove nessuno aveva mai avuto il coraggio di mettere piede prima. La salita verso la cima era un’impresa impegnativa e pericolosa, con pareti rocciose da scalare e sentieri così stretti da sfidare la gravità. Yori dovette affrontare passaggi impossibili senza nemmeno una corda che lo aiutasse, e tempeste improvvise che sembravano incantesimi lanciati apposta contro di lui per fermarlo dopo ogni passo. Con il cuore infiammato dall’amuleto protettivo, la speranza che sentiva provenirgli dalla Noce Scintillante nella tasca, con racchiuso al suo interno il Petalo Nero, continuò a salire con ostinazione.

Lungo il percorso, Yori incontrò creature leggendarie e spiriti antichi che cercarono di annientarlo. Gli scheletri guerrieri, soldati del Guardiano del cimitero dei Draghi, si fecero incontro per sbarrargli la strada. La sua determinazione e le abilità che aveva perfezionato lungo tutto quel viaggio gli permisero di respingere le creature malefiche. Dopo giorni di scalata, Yori raggiunse finalmente la sommità della montagna, dove si trovava l’antico cimitero dei Draghi scolpito nella roccia.

Il luogo era una distesa di puro terrore e desolazione: colonne maestose, gargolle a forma di drago, lapidi e mausolei decadenti uno sopra all’altro, ossa delle creature più antiche e spaventose, fuochi fatui, affreschi sulle pareti rocciose che raccontavano storie e battaglie dell’antichità. Varcato il cancello, Yori trovò ad aspettarlo il suo guardiano, lo stesso Zaukron, il Re Spettro dei Predatori delle Tenebre, un’antica creatura fantasma di enorme potenza e malvagità, dal volto a forma di teschio, una corona di ferro sul cranio, una tunica nera allacciata dai pezzi di un’armatura secolare. Con forza e volontà, Yori lo affrontò e, dopo un combattimento di cui è impossibile stabilire la durata, quasi ferito a morte dagli attacchi e dagli incantesimi di Zaukron, Yori affondò l’ultimo colpo preciso di spada al centro del petto del Re Spettro. Zaukron si ridusse in polvere e cenere, e tra la sua tunica logora e la corona e i pezzi d’armatura ormai arrugginiti, Yori trovò Kalash, l’antica pietra d’ambra, il gioiello luminoso con al suo interno il piccolo di drago destinato a rinascere e proteggere il continente di Camambria.

Epilogo

Con la Pietra leggendaria e gli altri tesori magici nello zaino, Yori fece ritorno al suo villaggio. Al centro, nella piazza principale, la popolazione lo accolse come un eroe con gioia e celebrazioni, riconoscendo in lui Yoma-Rì il Coraggioso-Viaggiatore, l’unico eroe della profezia. Yori rimase a bocca aperta e con gli occhi pieni di lacrime, non solo per la calorosa festa, ma perché ad attenderlo, commossi quanto lui, ritrovò tutti i compagni di quell’incredibile avventura: il saggio Gøndi, la forte Valerj, l’intrepido Nakoa e la scaltra Bora.

Yori depose la Pietra d’Ambra ai piedi della grande fontana-santuario, dove tutti assieme tenendosi per mano recitarono i tradizionali ringraziamenti sacri ai Draghi. La pietra iniziò a pulsare e si dischiuse, e il Drago blu contenuto al suo interno divenne maestoso e si librò in aria. E la maledizione si spezzò anche per gli stessi Gøndi, il Drago dorato, Valerj, la Draghessa bianca, Nakoa, il Drago Verde, e Bora, la Draghessa argentea, che riacquisirono la loro forma naturale di Protettori del Continente. I Draghi dispiegarono le ali traslucide e volarono ognuno verso il proprio regno, non prima di aver promesso di andare ovunque fosse necessaria la loro protezione, riportando felicità, speranza e prosperità in tutta la Camambria.

Yori, da semplice ragazzino, divenne il Custode della Pace e della Fortuna tra i popoli, dimostrando che il vero eroismo nasce dal cuore e dalla determinazione di coloro che osano sognare e non si fermano davanti a nessun ostacolo o pericolo. La sua storia divenne a sua volta una leggenda, che si diffuse in tutti i cinque regni, ricordando alle nuove generazioni che anche il più umile dei giovani può cambiare il destino del mondo con la testa e con il cuore, con il coraggio e la determinazione. Ancora oggi è possibile leggere la Leggenda di Yori sul dolmen alle porte del suo villaggio, come in tutte le biblioteche dei Cinque Regni.

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