di Riccardo Bocca
È convinzione diffusa che impiantare in televisione il seme della cultura equivalga a innescare due reazioni di sciagurata potenza. La prima è quella di sbandare verso la retorica e il didascalismo (nel tentativo, anche comprensibile, di agevolare la divulgazione), mentre il secondo incubo ha un suono ancora peggiore: nel senso che il timore, porgendo la complessità al grande pubblico, è che gli ascolti non perdonino e releghino l’evento nello scaffale degli autogol…
via “Master of photography”, quando la cultura si fa talent – l’Espresso