da Redazione Downtobaker

A noi italiani, paradossalmente, che il Columbus Day sia dietro l’angolo ce ne importa ben poco. Tantomeno del fermento che questa ricorrenza scatena tutti gli anni negli Stati Uniti, tra vendite di improbabili gadget, offerte promozionali, saldi autunnali, e quelle inevitabili speculazioni – solo americane – sulla vexata quaestio se Colombo fosse più portoghese, italiano o, in fin dei conti, senza la minima logica, americano. Per quanto ci riguarda, sappiamo con certezza che nacque a Genova, e pace all’anima sua (e dei colonizzatori americani). Ma pure Halloween si avvicina rapidamente, per cui potrebbe essere facile distrarsi e perdere di vista la più fantastica delle ragioni per festeggiare il mese di ottobre. E non mi riferisco affatto all’invenzione di un nuovo, stucchevole cocktail a base di vodka e polpa di zucca.
Nel corso di questa settimana, in un anfratto del tempo, nacque il preminente Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde – per essere più precisi il 16 ottobre 1854. Wilde, è d’uopo sottolineare, considerò del tutto opportuno scartare almeno metà del nome che gli venne affibbiato, così da essere ricordato semplicemente come tutti ben lo conosciamo. Tenendo in considerazione quanto egli venga citato ancora oggi, anche impropriamente, bisogna dargli merito quanto la decisione fu saggia. Lo scrittore è conosciuto soprattutto per la sua inesauribile vena ironica, per le spiritose perifrasi nelle opere e per i caustici aforismi, pur avendo vissuto una vita spettro di momenti altissimi e di cadute in un vero e proprio abisso.
Figlio di aristocratici, i suoi furono dei noti intellettuali di Dublino; Wilde era ben istruito e dotato di un’intelligenza feroce. Non appena completati gli studi colse l’occasione per trasferirsi a Londra. Fu proprio lì, iniziando a lavorare come giornalista nei ristretti ambienti alla moda dei Londoners, che si guadagnò subito la reputazione di personaggio sopra le righe che, con stravaganza, tentava in tutti i modi di sovvertire le rigide norme sociali vittoriane.
E fu a Londra che Wilde pubblicò la maggior parte dei suoi lavori: dal romanzo Il ritratto di Dorian Gray (l’unico tra le opere dello scrittore) fino alla sua più famosa opera teatrale L’importanza di chiamarsi Ernesto. Fu sempre a Londra che incontrò il suo amante, Lord Alfred Douglas, il cui padre fu l’origine della rovina di Wilde. Lo scrittore, com’è noto a chiunque, s’impegnò in una battaglia legale all’ultimo sangue (è proprio il caso di dirlo…) contro il determinatissimo padre del giovane amante, cosa che finì per costringere all’ammissione pubblica, da parte di Wilde, della propria omosessualità, a quel tempo un reato penale. Di conseguenza, Wilde fu condannato per due anni ai lavori forzati. Nel carcere di Reading continuò a scrivere, ma sia la sua percezione della vita che dei piaceri, nonché le condizioni di salute, finirono per deteriorarsi in maniera irrimediabile. Morì a Parigi due anni dopo la scarcerazione, nel 1900, all’età di quarantasei anni.
Pur avendo indossato molte maschere e vissuto molte vite, Wilde fu, prima di tutto (e prima di tutti quelli del suo tempo), un artista con la A maiuscola. Ci auguriamo che, come noi, qualcun altro si ricordi di festeggiare nei prossimi ottobre le ricorrenze con la R maiuscola.
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