Arte Fotografia

Oltre il profondo. La fotografia di Lara Perentin

di Terry Passanisi.

lara
Lara Perentin insieme alla figlia

Oggi, in un mondo in cui chiunque possieda un corpo macchina fotografico si autoproclami fotografo, è difficile parlare obiettivamente del lavoro di un vero professionista; tanto più del lavoro di quello che, in questa disciplina, è un artista, definendolo come tale senza ombra di dubbio. Non un semplice appassionato, quindi, un mero amatore, e nemmeno soltanto un capace tecnico della ripresa, anche se nascesse prima come tale. Tanto più quando quel fotografo – anzi quell’artista – è un’amica di lunga data, di intense esperienze comuni e reciproche.

Siccome non è mai galante indicare (né suggerire) l’età di una signora, mi limiterò a dire che conosco Lara Perentin dai tempi della scuola media.
Lara, durante l’adolescenza, è stata di quel genere di ragazze che, agli occhi di un imberbe infante qual ero, appare già come una donna fatta e finita. Viso da ragazza matura, non certo da bambina. Non va tanto per il sottile in nessuna delle cose che fa o che le capitano, non ha tempo di soffermarsi a capire le facezie e gli orpelli, già li conosce oppure, più coerentemente con se stessa, li lascia scivolare sulle larghe spalle. Lo sguardo è paradossalmente sereno, rilassato, eppure tanto distante da far pensare che venga sempre trafitto dalla malinconica consapevolezza di indesiderabili esperienze precoci. Nessuna timidezza negli occhi profondi – ecco cosa – che sembrano guardare, più che dritto verso l’interlocutore, al contrario, dentro di sé, alla ricerca del conforto e di una risposta della propria anima; più che uno sguardo curioso e indagatore, un’eco di curiosità che si riverbera a ogni scoperta imprevista. Parla pochissimo, ascolta di continuo, principio fondamentale per chi non vuole ripetere le cose già dette mille volte dagli altri. Un’infinita, affamata tensione per tutto ciò che è esteticamente bello. Perché? Non lo sa, forse un giorno se lo spiegherà o se lo farà spiegare, nel momento in cui si vive ha poca importanza; anche se non ne avrà mai più della bellezza stessa. Lo coglie e basta. Senza riflessioni di sorta, senza chiedersene i perché e i percome si fa trascinare d’istinto, eppure non sbaglia mai nel seguire le sue ispirazioni, lo scatto più breve di un attimo. E se un qualcosa le risulta potente, l’indomabile desiderio di possederlo anima e corpo, nella sua essenza estetica più impalpabile, non lo nasconde e non lo sopprime. Nessuna paura di conoscere, di voler sondare, provare, tastare con mano, costasse qualsiasi gioia impercettibile o pena profonda. E quante esperienze per davvero, inopinatamente, Lara aveva già vissute a quei tempi sulla propria pelle. Si sa: diventiamo, in tutto e per tutto, ciò che la nostra mente e il nostro corpo assorbono anche – o soprattutto – per osmosi (uno bravo direbbe: per mimèsi). Come ogni artista a tutto tondo, Lara Perentin ha compreso già da ragazzina che possedere fino in fondo quello che si desidera implica la cattura dell’anima, l’atavica essenza che risiede ben oltre la superficie, il primo sostrato; per trasferire e fissare poi, per sempre, quell’essenza nel proprio punto di vista, in quella eco di passione per il bellissimo (come una dinamica musicale assoluta) tutta sua.

Lara, come solo i veri artisti, vive in quel mondo in cui non sono la conoscenza e la capacità tecnica (che, imprescindibilmente com’è ovvio domina da maestra) a farle da padrone, ma la consapevolezza di come sono fatte le questioni oltre le apparenze. L’unico mondo a esistere davvero per un artista, in cui sensibilità prossime al divino – come le sue – possono compiersi in una perfetta armonia. Quella coerenza spirituale in cui, attraverso i suoi scatti, è impossibile distinguere quale siano: lei, gli altri, la figlia, il mare, la luce e l’oscurità, il modo in cui trasmuta in fotografia, attraverso le anime dei suoi soggetti, la propria anima.

Bacio
Borsa
Cavana
Filippo
Giorgio
Greta
Homeless
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Tacchi
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