Arte Cultura Società

Cartoleria: scrivere con carta e matita

di Fabrizio Ravelli

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Se sniffate un barattolo di Coccoina e il profumo di mandorla vi sommerge di ricordi – cannucce e pennini, calamai, carta assorbente, quaderni con la tavola pitagorica, temperamatite – allora siete pronti a entrare nel club. La passione per la cartoleria sta diventando un fenomeno mondiale, si aprono negozi nelle grandi città, da New York a Londra a Parigi a Berlino a Tokyo a Milano, dove gli appassionati possono perdere la testa. E non si tratta solo di nostalgia o di collezionismo. È che molti, e perfino giovani della generazione biro, cominciano a pensare che le mani non servono solo a digitare su whatsapp o a pestare su una tastiera. Scrivere davvero vuol dire prendere in mano una penna o una matita, scegliere un taccuino o una carta da lettere, esercitare la calligrafia. È una passione che si alimenta di oggetti leggendari, di ricordi d’infanzia ma anche di novità, di storie e di piccole manie.

Prendiamo le matite. Oggetti genialmente semplici, di uso ordinario un tempo e oggi quasi dimenticati. Se non lo fate da quando eravate bambini, provate a scrivere con una matita: una meraviglia. La pensava così John Steinbeck, che un giorno trovò qual era la matita fatta per lui: “Ho scoperto un nuovo tipo di matita, la migliore che io abbia mai avuto. Si chiamano Blackwing, e davvero planano sulla carta”. Era la Blacwing 602, creata nel 1934 da Eberhard Faber, che è considerata la matita migliore mai prodotta. La fanno ancora: dopo vari passaggi, una azienda californiana ha acquisito il marchio, che ora è Palomino Blackwing. A Steinbeck hanno dedicato il modello 24, perché lo scrittore aveva un rito: ogni mattina, prima di cominciare a scrivere, metteva davanti a sé sul tavolo una scatola con 24 Blackwing perfettamente temperate, e appena una perdeva la punta la spostava in un’altra scatola e ne prendeva una nuova. Finite le 24, le temperava e ricominciava. La Valle dell’Ed[…]

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