Cultura Letteratura

Collodi è più macabro di Poe, ma quando fa risorgere Pinocchio muore come scrittore

di Fabrizio Coscia

pinocchio

Fabrizio coscia legge il libro assoluto della letteratura italiana.

Il vero capolavoro letterario dell’Italia unita è una novella che se ne sta nascosta dentro un altro libro, tra i più popolari del mondo: la novella si intitola «La storia di un burattino» e comparve a puntate sul «Giornale per i bambini», supplemento settimanale del quotidiano «Il Fanfulla», dal 7 luglio al 27 ottobre del 1881. L’autore, Carlo Lorenzini, era un giornalista e autore di libri umoristici, scritti con lo pseudonimo di Collodi (dal nome del paese dove aveva lavorato il nonno materno come fattore di una famiglia di marchesi). Aveva 55 anni (dunque era già vecchio per quegli anni), quando scrisse quella che lui stesso definì una «bambinata», creata solo per far soldi, e che invece si rivelò una novella terribile e perfetta, tra le creazioni più straordinarie della letteratura universale, un capolavoro impietoso, senza un cedimento retorico, senza un’incertezza di tono, senza una sbavatura stilistica dall’inizio alla fine, senza alcun compromesso con le aspettative del pubblico, e risultato della vena creativa e immaginativa audace e originalissima di uno scrittore che, senza saperlo, stava facendo i conti con se stesso e i suoi demoni.

A rileggerli oggi, quei primi quindici capitoli delle Avventure di Pinocchio, si resta ancora stupefatti. Quando insegnavo alle scuole medie li leggevo ogni volta che avevo una prima, tutti e quindici i capitoli iniziali, dalla prima all’ultima riga, con il pezzo di legno che rideva e piangeva, il litigio grottesco tra Mastro Ciliegia e Geppetto, la «stanzina terrena» di quest’ultimo, «che pigliava luce da un sottoscala» e la fabbricazione portentosa del burattino, il Grillo-parlante schiacciato senza pietà da Pinocchio, e poi ancora la straordinaria coppia criminale del Gatto e la Volpe, il terribile e umanissimo Mangiafoco, e ogni volta si creava la stessa identica scena: una classe di una ventina e più di ragazzini scalmanati, della periferia di Napoli, improvvisamente si zittiva e tutti restavano incantati ad ascoltare quella storia famosissima eppure sempre misteriosa, tutti pendevano dalle mie labbra.

Ma che storia è quella del «burattino di legno»? E perché il suo potere è ancora così forte? «Un grande libro genererà infiniti libri, e così a loro volta questi ultimi: né vi sarà mai l’ultimo», così scriveva Giorgio Manganelli nella sua memorabile rilettura Pinocchio: un libro parallelo. E in effetti, che cos’altro ci sarebbe da aggiungere che non sia già stato scritto su questo libro, dalla simbologia cristologica alle interpretazioni esoteriche, dalle implicazioni freudiane a quelle picaresche?

Non c’è che da aprirlo, allora, e rileggere quei quindici capitoli iniziali, proprio come facevo coi ragazz[…]

via Collodi è più macabro di Poe, ma quando fa risorgere Pinocchio muore come scrittore. Fabrizio Coscia legge il libro assoluto della letteratura italiana – Pangea

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