di Roberto Pizzato
Una storia materialista della stampa, ricostruita con l’aiuto di nuove scoperte e database digitali.
Secondo Marshall McLuhan l’invenzione della stampa a caratteri mobili rappresenta il compimento del passaggio da una cultura di tipo orale a quella alfabetica. Stampati a prezzo inferiori e su larga scala, i libri diventavano a tutti gli effetti beni di consumo, accessibili (a chi poteva permetterseli) e pronti a circolare sul mercato. Da quel momento ogni forma di conoscenza scritta diventava replicabile in modo veloce ed economico, creando un mercato internazionale prima inesistente: il mercato dei libri.
Guardare ai libri pubblicati negli anni seguenti l’invenzione offre una prospettiva inedita sullo spirito del tempo, capace di restituirci la fotografia di una cultura e di una società custodite nel nostro passato. Tracciare questa storia però non è stato impresa semplice, almeno fino ad ora. Immaginate un’indagine sul mercato editoriale del Rinascimento che vi permetta di capire quali erano i libri più letti nella seconda metà del XV in Europa. In mancanza di dati diremmo che la Bibbia di Gutenberg, il primo libro stampato utilizzando questa nuova tecnologia, dominasse la classifica dei bestseller del tempo. Questa era infatti l’idea più diffusa, fino a quando un team di ricercatori dell’Università di Oxford ha analizzato un documento che offre un’altra lettura dei fatti. Per capirne la portata però, serve capire come siamo arrivati fino a qui.
Il più antico libro mai stampato è il Sutra del Diamante, un testo buddhista le cui sezioni formano un rotolo lungo più di cinque metri, conservato alla British Library di Londra. La data di pubblicazione riportata sul colophon corrisponde all’11 maggio 868, oltre un millennio prima della sua scoperta, avvenuta solo nel 1907 a opera di Aurel Stein. L’archeologo di origine ungherese trovò il testo nelle grotte di Mogao, un sistema di 492 templi scavati all’interno di una rupe a circa 25 chilometri dall’attuale Dunhuang, città della provincia cinese del Gansu. Dunhuang – che significa “faro scintillante” – era l’ultima oasi che i viaggiatori diretti verso Occidente trovavano prima del grande bivio che precede il deserto di Taklamakan sulla Via della Seta. Giungendovi da ovest ci si trovava di fronte ai due forti della città, la porta di Giada e il passo Yangguan; avvistarli significava lasciarsi alle spalle la parte più dur[…]