di Gregorio Magini

La prospettiva del cambiamento climatico basta già a cambiare le regole del gioco sociale. Scompaiono dalla scena politica le opzioni riformiste e progressiste, già messe in ginocchio dalla gestione della crisi del 2008. Gli scioperi per il clima reintroducono una radicalità di massa che da decenni era relegata a sparute minoranze. Il fattore decisivo è che questa radicalità non è un’opzione, ma è insita nella logica (disperata) della situazione. Chi non vuole aprire gli occhi regredisce all’infantilismo più penoso, vedi gli insulti alla sedicenne Thunberg che paiono arrivare da seienni scemi, e invece vengono da adulti terrorizzati. Per chi invece ha il coraggio di vedere, e si trova di fronte alla prospettiva di miliardi di morti e della fine ingloriosa dell’avventura della modernità, quale compromesso, quale via di mezzo, quale accomodamento può essere accettabile? Nessuno. La ragione, l’etica, i sentimenti concordano: di fronte a un pericolo mortale, nessuna intensità di sforzo è eccessiva, nessun mezzo (che non sia più dannoso del problema – vedi alla voce “missili atomici contro gli uragani”) è da considerarsi immorale. Ora noi persone di una certa età, che siamo civili, che siamo abituati a considerarci umani, gentili, teneri, equilibrati, rispettosi, assolutamente non-violenti perché la sciagura del terrorismo italiano ci ha insegnato che la violenza ecc. ecc., corriamo il rischio di lasciarci sorprendere dalla novità della situazione e spaventarci, chiuderci in casa – mandare avanti i giovani, che non hanno niente da perdere se non l’aria che respirano e il cibo che mangiano e la terra su cui poggiano i piedi.
Certo, domani parteciperemo allo sciopero per il clima, daremo il nostro sostegno… Ma poi? Cosa succederà quando i capi di Stato e di Governo “avranno osato” continuare a “parlare di soldi e di favole di eterna crescita economica” (giusto per rammentare quanto è ridicolo chi critica la supposta mancanza di radicalità della Thunberg)? Quando sarà necessario forzare la mano, quando sarà obbligatorio rammentarsi l’irriducibilità della contrapposizione generata da uno sciopero generale a oltranza? Sì: sciopero generale a oltranza. Perché è là che il #climatestrike andrà a sfociare, è là che non può non andare a sfociare – perché l’alternativa sono i miliardi di morti. Metteremo le nostre capacità al servizio delle nostre parole? Riusciremo a dissolvere l’incantesimo della vita quotidiana per essere utili in un tempo nuovo e diverso, un tempo in cui ciò che ciascuno fa è importante, anzi vitale? La realtà, semplice e orribile, è che stiamo andando in guerra. Non le sentite suonare, le campane della guerra? Io sì, come molti, e da anni. I “socialisti” americani se ne sono finalmente accorti e il Green New Deal è finora l’unica risposta politica non so se adeguata, ma quantomeno moralmente all’altezza del pericolo mortale che bussa alle porte (tanto più dannosa perciò è l’appropriazione propagandistica che il Conte Bis ha fatto del GND, sostituendo qualsiasi impegno reale per la diminuzione delle emissioni serra con la fuffa).
Le questioni di classe vanno in secondo piano – questo non perché “siamo tutti sulla stessa barca”, perché anzi chi l’ha guidata finora contro l’iceberg meriterebbe di essere dato in pasto agli squali, ma perché decurtare sostanzialmente la produzione di CO2 è possibile solo previa tassazione dei grandi patrimoni, confisca, pagamenti in titoli ecologici, e non può non portare a una sostanziale redistribuzione della ricchezza: se non altro, perché i capitali necessari sono oggi in mano ai pochi, e se non li metteranno a disposizione di loro spontanea volontà, sarà necessario costringerli. Piketty, nel Capitale nel XXI secolo, ha individuato nello svenamento per le spese belliche della Prima e della Seconda Guerra Mondiale la causa reale del temporaneo livellamento della ricchezza nell’Occidente capitalista. La necessità potrebbe dunque, nel XXI secolo, portare a una reale trasformazione della vita degli uomini sulla Terra. Ci sarà violenza? Sì. Ci saranno sofferenze, ingiustizie, orrore e morte? Sì. E chi non ha il coraggio? Chi vorrebbe solo chiudersi in casa con la testa sotto il cuscino in attesa che passi? Chi non ha il coraggio, loro: rischiano di essere i primi a lasciarci le penne.