di Ilaria Grasso

Il 30 ottobre scioperano i rider di tutta Italia per avere tutele e garanzie. Lo fanno non consegnando più le ordinazioni. L’accordo pirata siglato da UGL è tutta fuffa. Innanzitutto le aziende del Delivery non hanno mai fornito dati, a quanto sembra anche all’UGL, sul numero di lavoratori e la loro composizione (cultura, nazionalità, genere, lingua, etnia). Dal libro Riding for Deliveroo di Callum Cant, non ancora tradotto ed edito in Italia, apprendo che se è vero che i migranti possono lavorare all’interno di queste piattaforme è perché questo è un lavoro che può coprire turni di lavoro di 8 ore per 6 giorni a settimana quindi garantisce un’entrata fissa di vitale importanza. Tutti possono affittare o prendere in prestito un account senza fornire passaporto. Tra l’altro, essendo un lavoro gestito tramite smartphone, basta impostare la lingua e il problema della comunicazione è superato!
Cant sottolinea anche che il termine “migrante” ha al suo interno un sacco di variabili. Ad esempio ci sono i migranti UE, gli extracomunitari, i migranti senza diritto al lavoro, studenti che provengono da altri paesi. Di fatto l’internazionalizzazione, in questi contesti lavorativi, gioca un ruolo a perdere per i migranti perché essi, spinti dalla disperazione, sono costretti ad accettare di tutto e questo i proprietari delle piattaforme lo sanno tanto bene che “assumono” molti immigrati anche per alimentare quella guerra tra poveri che fa dire a molti “ci rubano il lavoro” che ha come unico effetto la riduzione dei compensi. In pratica i datori di lavoro aumentando le distinzioni sociali (linguistiche, razziali, culturali e nazionali) manipolano la forza lavoro tenendo sotto scacco i lavoratori.
Sapevo che c’erano molti brasiliani, italiani, bulgari e polacchi che lavoravano per Deliveroo, ma in realtà non avevo mai una chiara conoscenza dei numeri. Poiché la forza lavoro era così grande, e il fatturato era così veloce, analizzare esattamente chi lavorava per Deliveroo, dal punto di vista del lavoratore, era quasi impossibile.
(Callum Cant, Riding for Deliveroo, 2020)
Non sappiamo se ci sono donne o richiedenti asilo. Già da questi primi elementi possiamo intuire la vecchia tecnica del “divide et impera” del padrone perché, se pubblicamente e in modo trasparente non è nota la composizione della forza lavoro, lo è nelle strade dove i lavoratori operano. In pratica le piattaforme del Delivery utilizzano come strategia il mettere “gli uni contro gli altri” a discapito di diritti e retribuzioni.
Solo un movimento compatto può lavorare bene per vincere questa lotta. Sempre nel libro di Cant leggo che proprio la messa in comune delle esperienze di lotta per i diritti fatta nei paesi di provenienza ha giocato un ottimo ruolo a Brighton.
I lavoratori brasiliani, per esempio, avevano spesso una forte comprensione delle tattiche di sciopero. Sono stati i primi a organizzare picchetti e azioni non appena è stato convocato uno sciopero.
(Callum Cant, Riding for Deliveroo, 2020)
Anche in Italia i migranti hanno avuto un grosso peso per la crescita del movimento e per il sostegno delle rivendicazioni di tutti i rider che operano nel territorio italiano. È questa la dimostrazione che esperienze e punti di vista diversi messe a beneficio della collettività producono effetti positivi, non solo dal punto di vista culturale, ma anche dal punto di vista della consapevolezza del lavoratore e della sua capacità di essere soggetto politico attivo e fattivo. Lo abbiamo visto a luglio con la manifestazione de GLI STATI POPOLARI, con lo sciopero di consegna al piano durante il lockdown e le numerose iniziative sui territori da parte di Riders Union Bologna, Riders Union Firenze, Deliverance Milano, Deliverance Project e Riders Union Roma.
Con il nuovo DPCM di Conte è praticamente obbligatorio, oltre a una certa ora, far riferimento alle piattaforme per la ristorazione e i bar e altri locali. Al momento monta anche la rabbia da parte dei ristoratori che avevano investito soldi di tasca propria per adeguare i loro locali per poi vederseli chiusi. Non sono previsti per loro aiuti e, dovendosi appoggiare alle piattaforme, devono dare fino al 30% alle aziende del Delivery che gestiscono gli ordini. La categoria meno tutelata sono i rider. Spesso si pensa che questi siano lavoretti per studenti ma gli studenti al momento sono particolarmente colpiti dato che non possono più fare affidamento alle entrate dei genitori, pure loro senza lavoro, e in Italia, al momento, è molto difficile ottenerli.
Ma c’è anche una larga fetta di persone che ha perso il lavoro e che in maniera massiva e intensiva, presa dalla disperazione, monta su una bicicletta per cercare di sbarcare il lunario. E che prima di tutti ha compreso, dal numero di consegne, che la povertà in Italia iniziava a dilagare in maniera più forte del virus già dai primi di giugno.
Il lavoro dei rider è continuamente esposto alla violenza della strada ed è uno dei motivi per cui vediamo poche fattorine in giro. Insomma non è un lavoro da donne. E soprattutto è un lavoro con alto tasso di discriminazione di genere. Le competenze e le abilità non sono necessarie. L’essere umano è trattato alla stregua di una macchina come gli operai nelle fabbriche di qualche decennio fa. Solo che ora non abbiamo indirizzo di fabbrica. È tutto intangibile o per meglio dire “opaco”. Opaco nei bilanci, nei contributi e nella trasparenza di molte informazioni inerenti all’organizzazione del lavoro oltre che dei diritti e doveri che il lavoratore ha o meglio, in questo caso, dovrebbe avere.
Nell’accordo pirata dell’UGL non c’è menzione per il risarcimento in caso di violenza, non sono previsti corsi di formazione di autodifesa e sulla sicurezza che in ogni modo non possono essere previsti dall’accordo. Ciò deriva dal fatto che questo accordo in pratica considera questi lavoratori ancora “autonomi” e a un autonomo la formazione non è garantita. Nel testo dell’accordo UGL rimane il cottimo come unità di misura dell’attività delle lavoratrici e dei lavoratori e il e il Rating come strumento di gestione del personale.
Non sono retribuite malattia, tredicesima, ferie e la maternità. Potranno essere licenziati e quando avranno raggiunto il tetto retributivo massimo per le collaborazioni occasionali (5 mila euro annui).
Non risulta, inoltre, possibilità di far carriera e premialità. Anche quando il ciclofattorino sia un laureato. Per quanto il lavoratore possa avere competenze non dovrà mai crescere. Esiste una piattaforma il cui processo di assunzione di quest’esercito di lavoratori che riesce a garantire la consegna di cibo a domicilio 24 h su 24 e che in molti casi lavora fino alle 2 di notte ma non esiste crescita e dignità del lavoratore.
Il meccanismo di assunzione avviene su Internet e dopo massimo 24 ore hai la conferma. In caso si “assunzione” riceverai il cassone o valigia per le consegne, pettorina e in qualche caso anche power bank (batterie esterne per la ricarica veloce) e porta smartphone da polso, te lo spediscono a casa, in comodato d’uso gratuito, oppure con una cauzione di 65 euro da dare non appena si inizia. Spesso chi inizia la sua attività di rider lo fa montando sulla bicicletta che lui stesso ha comprato e che, in caso di incidenti e e/o aggressioni non verrà assolutamente risarcito del danno economico subito sul mezzo di produzione.
Gli effetti li abbiamo visti benissimo nel film Sorry We Missed You di Ken Loach.
Insomma per queste e tante altre ragioni è importate sostenere lo sciopero dei rider non prendendo ordinazioni in quella giornata. Nelle città saranno diffusi volantini e tante altre iniziative saranno capillari in tutta Italia. Il futuro è incerto e il mondo del lavoro si costruisce ASSIEME!