di Jacopo Zonca
“Ben poco ama colui che ancora può esprimere, a parole, quanto ami.” Mai parole furono più vere e contemporanee di quelle scritte da Dante Alighieri. L’amore, quello irrazionale che ci fa agire, vivere – e talvolta morire, sì – è sicuramente uno dei più forti, se non il più potente motore trainante non solo degli esseri umani, ma di tutta l’arte: che sia l’attrazione per una persona, ma anche per un ideale, un progetto, un tesoro…
Su queste basi nasce “Il detective sonnambulo” (Mondadori) nuova fatica letteraria di Vanni Santoni, scrittore e giornalista fiorentino straordinariamente prolifico, che torna – o sarebbe meglio dire, rimane – sugli scaffali delle librerie italiane con un titolo che omaggia Roberto Bolaño e scandaglia le problematicità del presente. In quest’ultimo romanzo, coloratissimo e vorticoso, l’autore racconta la storia di Martino, giovane italiano confuso e squattrinato la cui vita si ribalta dopo l’incontro con Johanna, a Parigi, città in cui il protagonista ha deciso di rifugiarsi. Chi è Johanna? Certo è una ragazza ammaliante, intelligente e misteriosissima… Una donna con tutte le caratteristiche necessarie a mandare in tilt un sognatore come Martino. Una delle caratteristiche di Johanna, e che il nostro eroe non ha messo in conto però, è che la ragazza dai voluminosi capelli rossi ama dileguarsi nel nulla. Non parliamo del flagello del no contact (pratica diabolicamente moderna che, quando si è attanagliati dal sentimento, costituisce un vero è proprio supplizio, reso tuttavia sopportabile dalla consapevolezza che l’altro/a esista ancora): no, lei si volatilizza, tanto da far dubitare Martino che sia ancora viva.
Non c’è altro da fare per il ragazzo se non iniziare una ricerca senza sosta per ritrovare la sua amata: un percorso che gli farà conoscere nuovi personaggi strambi e idealisti come Tanya e superricchi del calibro di Manfredi Contini della Torre, praticamente un coetaneo, ma che grazie alle criptovalute ha guadagnato una fortuna.
Il fatto di trovarmi specchiato in quel picchiatore frignone m’imbarazzò. Quando se l’era fatta, con questo, Johanna? Per quanto tempo? Dovevo essere cauto con le domande, ma volevo sapere tutto… Di certo, mi diceva Didier, era sicuro, sicuro, sicuro, che sarebbe tornata da lui.
Col cazzo, brutto scemo, pensai, sarebbe tornata, sì, ma da me.
Come nei libri precedenti di Santoni, anche questa nuova opera si snoda tra vari macrotemi: l’amore senza dubbio, le nuove forme di guadagno e di ricchezza, la famiglia – quella d’origine con cui spesso si lacerano i rapporti e quella nuova con la quale si tenta di creare legami solidi – e infine il sogno, mastodontico, di una vita piena e di un mondo migliore. La voce in prima persona di Martino, personaggio completamente nuovo nell’universo santoniano ma recidivamente precario, aspirante sceneggiatore a cui manca tenacia e soprattutto disciplina (quella è fondamentale, vero Vanni? ndr) per portare avanti idee che sono poco più di soggetti abbozzati, si dipana attraverso una prosa ricchissima e fluida, malinconica ma allo stesso tempo straripante di vita: infatti, nonostante il protagonista precipiti, almeno inizialmente, in abissi depressivi che cerca di anestetizzare con l’alcol, non rinuncia ad abbandonarsi al vortice degli eventi che la caccia a Johanna innesca.
“Il detective sonnambulo” è indubbiamente un romanzo di personaggi, ma le città che Martino esplora, e che fanno da cornice alla sua avventura, possono senza dubbio essere intrepretate come caratteri che influenzano scelte e azioni dei protagonisti e soprattutto la struttura drammaturgica. La Parigi di questo libro è diversa dalla culla di rivoluzioni artistiche e politiche che la Novelle Vogue di Truffaut e Godard, e sì anche di Bertolucci con il suo “The Dreamers”, ci hanno mostrato: in queste pagine troviamo una città rigida, carissima, in cui non manca un certo individualismo volgare che si nasconde dietro presunte scelte filosofiche. Pur non essendoci brutalità, la città che Santoni descrive è molto più simile alla metropoli decadente e lurida raccontata nei film di Gaspar Noè. Nemmeno Davos, città svizzera con il suo grigiore e i suoi paradisi fiscali viene risparmiata. Forse, solo Berlino può rappresentare l’ultimo baluardo di creatività e speranza in un’Europa sempre più reazionaria; non a caso sarà proprio la capitale tedesca il luogo in cui il gruppo si insedierà più o meno stabilmente, dando vita a un quadrilatero sentimentale esacerbato da gelosie e nuove ambizioni.

Sono appunto le ambizioni e le degenerazioni che ne conseguono un altro tema centrale all’interno dell’opera. Ognuno dei quattro personaggi ha degli scopi da raggiungere e il denaro di Manfredi, oltre a essere uno strumento che consente di conquistare con rapidità diversi obiettivi, costituisce anche un fortissimo collante che determina l’equilibrio della comitiva. È difficile non riuscire a cedere alle lusinghe del potere economico, soprattutto quando a gestirlo è un tizio come Manfredi Contini Della Torre, un uomo che non ha nulla del magnate brianzolo con Porsche e capello bianco ingellato all’indietro, bensì, almeno in apparenza, tutto l’opposto: è un giovane bello, carismatico e vulcanico pronto a diventare il capitano di una ciurma che ha delle idee, ma non sa dove queste potranno portare. Come definire quindi “Il detective sonnambulo”? Un romanzo di formazione, un giallo dell’anima, una storia famigliare? Un romanzo politico o una storia d’amore? Tutte queste cose.
Oggi il mercato editoriale propone spesso libri con un’unica linea narrativa in cui sempre più di rado diverse macro-tematiche riescono a intersecarsi in un unicum solido, ma Santoni, eccellente prosatore e abilissimo tessitore di trame nelle quali l’influenza dei grandi romanzi postmoderni americani (in particolare De Lillo, Wallace e Vollman) risulta essere evidente, è riuscito, come in diversi titoli precedenti – “I fratelli Michelangelo” su tutti – a creare un mosaico narrativo in cui si intrecciano sfumature, registri e situazioni paradossali in un flusso divertente, profondo e agrodolce con diverse chiavi di lettura e omaggi – alla letteratura, al cinema, al manga – accessibile a ogni categoria di lettore. In poche parole, un libro da non perdere.
PS. Non perdetevi l’incontro tra Vanni Santoni e il nostro Jacopo Zonca alla EnoLibreria Chourmo di Parma il prossimo 15 maggio!
L’autore
Vanni Santoni (1978), dopo l’esordio con Personaggi precari ha pubblicato, tra gli altri, Gli interessi in comune (Feltrinelli 2008, Laterza 2019), Se fossi fuoco arderei Firenze (Laterza 2011), la saga di Terra ignota (Mondadori 2013-2017), Muro di casse (Laterza 2015), La stanza profonda (Laterza 2017, dozzina Premio Strega), I fratelli Michelangelo (Mondadori 2019), La verità su tutto (Mondadori 2022, Premio Viareggio selezione della giuria), Dilaga ovunque (Laterza 2023, Premio selezione Campiello). È fondatore del progetto SIC (In territorio nemico, minimum fax 2013); per minimum fax ha pubblicato anche Emma & Cleo (in L’età della febbre, 2015) e il saggio La scrittura non si insegna (2020). Scrive sul Corriere della Sera.
Il suo ultimo romanzo è Il detective sonnambulo (Mondadori 2025).
Un pensiero su “Cercare sé stessi: tutta la scrittura di Vanni Santoni nel suo Detective sonnambulo”