di Eugenio Scalfari
Sono stato molto amico di Giovanni Macchia, avevo amato da vicino i suoi studi, lucidi e informati come ce ne sono pochi, su libri molto rari e meritevoli della massima attenzione, bibliografica oltre che culturale. Non era naturalmente il solo, sebbene in un’Italia che per secoli è stata al centro della cultura europea ed anche della sua bibliaria, di studiosi come lui ce ne fossero molto pochi. Lo dico perché a me piaceva molto quel tipo di attività intellettuale e quindi quei famosi pochi erano tutti amici miei.
Il primo e imbattibile per numero e qualità dei volumi raccolti è stato senza dubbio Umberto Eco. La sua casa a Milano era una intera libreria nell’ambito della quale esistevano quel minimo di servizi per mangiare, dormire, ricevere alcuni amici degnamente. Ma tutto questo avveniva nei ritagli (o almeno così Eco li faceva sembrare) di una libreria che occupava ogni spazio disponibile e ogni parete, salvo ovviamente le finestre e qualche balcone. Eco viveva lì e il materiale da lui raccolto scaffale per scaffale e opportunamente ordinato era delle epoche più varie. C’erano settori che ospitavano libri antichissimi, canoni in pergamena disegnati a mano ed a mano scritti nelle lingue originarie; ma poi c’erano anche i libri del nostro cosiddetto medioevo, che per il resto d’Europa (Francia provenzale esclusa), erano strumenti di conoscenza del tutto sconosciuti. La poesia ed insieme la lingua e la rima e la grammatica, nel nostro medioevo cominciò appunto in Provenza e in Sicilia e di lì trasmigrò in Toscana e in Emilia. Esempi, non numerosi ma […]