di Terry Passanisi
Fin da quando sono stato in grado di leggere ho frequentato, grazie al germe trasmessomi da compagni di scuola giusti, più che ogni altro luogo (sale giochi Coin-op a parte), moltissime biblioteche. Sono sicuro di avere sviluppato un bel senso critico, piuttosto fondato, sulla loro utilità e quanto – sempre se – funzionino bene, nel pieno rispetto delle esigenze dei loro voraci frequentatori. Ecco i miei suggerimenti validissimi, ne sono sicuro, anche per i prossimi cinquant’anni, in questo caso rivolti soprattutto alle biblioteche della città di Trieste (ma anche a quelle nazionali in generale). Spero servano a rilanciare in pompa magna questi enti fondamentali e per la cultura e per la società, affinché si adeguino all’altissimo valore culturale di Trieste già così egregiamente esaltato e portato in palmo di mano dalle istituzioni locali.
1. I cataloghi devono essere divisi al massimo: deve essere posta molta cura nel dividere il catalogo dei libri da quello delle riviste, e questi da quello per soggetti, nonché i libri di acquisizione recente dai libri di acquisizione più antica. Possibilmente l’ortografia, nei due cataloghi (acquisizioni recenti e antiche) deve essere diversa; per esempio nelle acquisizioni recenti retorica va con una t, in quella antica con due t; Čajkovskij nelle acquisizioni recenti col Č, mentre nelle acquisizioni antiche alla francese, col Tch.
2. I soggetti devono essere decisi dal bibliotecario. I libri non devono portare nel colophon un’indicazione circa i soggetti sotto cui debbono essere elencati.
3. Le sigle devono essere intrascrivibili, possibilmente molte, in modo che chiunque riempia la scheda non abbia mai posto per mettere l’ultima denominazione e la ritenga irrilevante, così che poi l’inserviente gli possa restituire la scheda perché sia ricompilata. Per riportare il codice sul foglietto volante, va sempre messa a disposizione una penna con l’inchiostro evaporato da mesi – sempre che non se la sia già fregata qualcuno.
4. Il tempo tra richiesta e consegna deve essere molto lungo.
5. Non bisogna dare più di un libro alla volta.
6. I libri consegnati dall’inserviente perché richiesti su scheda non possono essere portati in sala consultazione, cioè bisogna dividere la propria vita in due aspetti fondamentali, uno per la lettura e l’altro per la consultazione. La biblioteca deve scoraggiare la lettura incrociata di più libri perché provoca strabismo.
7. Deve esserci possibilmente assenza totale di macchine fotocopiatrici; comunque, se ne esiste una, l’accesso deve essere molto lungo e faticoso, la spesa superiore a quella della cartolibreria, i limiti di copiatura ridotti a non più di due o tre pagine. L’espressione del bibliotecario, mentre dà una mano all’utente a fotocopiare, deve sempre accostarsi a quella di un pescatore che non ha preso nemmeno un pesce dopo una domenica sotto il diluvio.
8. Il bibliotecario deve considerare il lettore un nemico, un perdigiorno (altrimenti sarebbe a lavorare), un ladro potenziale.
9. La connessione a Internet via Wi-Fi deve essere del tutto assente o, se presente, essere di scarsa qualità, dal segnale debolissimo, limitata al download di un unico documento di testo o equivalente. Il trasmettitore, per motivi di sicurezza e salute, deve essere situato in un angolo cieco della città all’interno di una camera stagna in piombo.
10. Il prestito dei libri dev’essere scoraggiato previa esclamazione autoctona: “Volentieri… La provi in Friûl!”
11. Il prestito interbiblioteca deve essere impossibile, in ogni caso deve prendere mesi. Meglio comunque garantire l’impossibilità di conoscere cosa ci sia nelle altre biblioteche.
12. In conseguenza di questo i furti devono essere facilissimi.
13. Gli orari devono assolutamente coincidere con quelli di lavoro, discusso preventivamente coi sindacati: chiusura assoluta di sabato, di domenica, la sera e alle ore dei pasti. Il maggior nemico della biblioteca è lo studente lavoratore; il miglior amico è Don Ferrante, qualcuno che ha una biblioteca in proprio, che quindi non ha bisogno di venire in biblioteca e quando muore la lascia in eredità. Insomma, ce l’avete una casa?
14. Non deve essere possibile rifocillarsi all’interno della biblioteca, in nessun modo, e in ogni caso non dev’essere possibile neanche rifocillarsi all’esterno della biblioteca senza prima aver depositato tutti i libri che si avevano in consegna, in modo da doverli poi richiedere dopo che si è preso il caffè.
15. Non deve essere possibile ritrovare il proprio libro il giorno dopo.
16. Non deve essere possibile sapere chi ha in prestito il libro che manca da due anni e mezzo.
17. Possibilmente la biblioteca deve situarsi al quarto piano e i bagni al primo.
18. Idealmente l’utente non dovrebbe poter entrare in biblioteca; ammesso che ci entri, usufruendo in modo puntiglioso e antipatico di un diritto che gli è stato concesso in base ai principi dell’Ottantanove, ma che però non è stato ancora assimilato dalla sensibilità collettiva, in ogni caso non deve, e non dovrà mai, tranne i rapidi attraversamenti della sala di consultazione, aver accesso ai penetrali degli scaffali.
NOTA RISERVATA. Tutto il personale deve essere affetto da menomazioni fisiche perché è compito di un ente pubblico offrire possibilità di lavoro ai cittadini portatori di handicap (è allo studio l’estensione di tale requisito anche al Corpo dei Vigili del Fuoco). Il bibliotecario ideale deve anzitutto zoppicare affinché sia ritardato il tempo che trascorre tra il prelevamento della scheda di richiesta, la discesa nei sotterranei e il ritorno. Per il personale destinato a raggiungere su scala a pioli gli scaffali più alti di otto metri si richiede che il braccio mancante sia sostituito con protesi a uncino, per ragioni di sicurezza. Il personale totalmente privo di arti superiori consegnerà l’opera tenendola tra i denti (la disposizione tende a impedire la consegna di volumi superiori al formato in ottavo).
NB. Per non sentirmi da meno di certi figuri che si aggirano nelle stanze dei bottoni, ho depredato a mani basse tutta questa meravigliosa lista, spudoratamente e pedissequamente – anche se non so cosa voglia dire –, apportando qua e là solo certi necessari adattamenti, dal divertissement di Umberto Eco “Come organizzare una biblioteca pubblica”, uscito ne Il secondo diario minimo di Bompiani nel 1992.
Capirete perché sia così certo della mia previsione per i prossimi cinquant’anni.