di Terry Passanisi
Prima di tutti quanti gli altri, dovrebbe essere l’informazione a smetterla di cercare clamore, la notizia ad effetto a tutti i costi con il solo scopo di ottenere qualche copia venduta e qualche visualizzazione Internet in più; un inseguimento sfrenato, senza scrupoli, di maggiori introiti pubblicitari. L’effetto comprovato è solo quello di creare un’insana psicosi nelle masse, senza ponderare la grave responsabilità che le compete. Un esempio recente. Le immagini della piazza di Torino, durante la finale di Champions Juventus-Real Madrid, come ho pensato appena visionate, non (di)mostrano nulla di speciale, se non un paio di ragazzi con lo zaino in spalla, smarriti come il resto della folla – come tra l’altro si è rettificato nei tg nei momenti immediatamente successivi – impotenti, forse un po’ sbronzi di birra, che tentano innanzitutto di capire cosa stia succedendo attorno a loro e, poi, fattisi forza, di calmare gli animi. Cosa ben diversa dai titoli clamorosi, utilizzati in un primo tempo, che li avrebbero subito etichettati come potenziali kamikaze, e che cercavano (e speravano) di invocare solo quel genere di immagine, utilizzando una sequenza pressoché insignificante sotto quel punto di vista (uno zaino in spalle, d’estate, in una piazza affollata…).
Qual è allora il vero terrorismo? Non mi riferisco alle carneficine umane. Parlo dei disastri che si provocano nella coscienza soggettiva e, poi, in quella di massa. E non serve scomodare certo fior fiore di studi, da Lippmann a Katz a Eco, neanche troppo recenti, per comprendere appieno l’ipocrisia di un certo genere di comunicazione. Di sicuro, quello che mi azzardo a definire terrorismo mediatico non sortisce effetti meno devastanti nella testa delle persone prive di senso critico, incapaci di distinguere tra notizia populistica e in malafede e una di pura cronaca, asettica e deontologicamente onesta, di quelli che un kamikaze provoca quando si fa esplodere nella piazza di una città occidentale e, cosiddetta, libera.
Allo stesso modo, l’imbecillità di certe marionette politiche al soldo di capetti ben noti, assieme alla stampa compiacente, ormai nemmeno mosse da mano superiore, ma dotate di iniziativa propria, è lo specchio più meschino di questa fase (non solo) italiana. Nella politica, ormai si è giunti a manovre di lupacchiotti solitari, in tutta autonomia, atte a screditare l’avversario: senza dignità, senza rispetto, attraverso un vero e proprio terrorismo mediatico non così lontano dal meccanismo e dal metodo di iniziative terroristiche di stampo omicida. Quello che è davvero tragico – e mi scuso per la tautologia – è che quello che è successo a Torino è Terrorismo; che ha attecchito, che si manifesta (in)direttamente nella sua natura più subdola: è la psicosi insinuata nella società. E parte di questo merito non è degli atti estremisti in sé, ma di una classe politica sempre più bassa e del genere di comunicazione che mette in atto, che, attraverso canali in numero sempre maggiore che può sfruttare, per un numero in più o uno in meno rispetto all’avversario, maneggia a proprio piacimento, piuttosto di provare con le dovute intelligenza e consapevolezza a normalizzare, a creare una coscienza collettiva pronta a reagire in modo adeguato e civile alle crisi più gravi verso cui il mondo va dirigendosi.
Tutto per quel numeretto in più.