di Franco Rella (per Mimesis)
Nell’uomo è l’intera potenza del principio tenebroso e, a un tempo, è in lui anche tutta la forza della luce. In lui è il più profondo abisso, e il cielo più elevato, ossia ambedue i centri.
F.W.J. Schelling1. Verso la rivoluzione romantica
Il mondo antico aveva ipotizzato che nella natura agissero le forze incontenibili di inquiete divinità. Il mondo antico aveva ipotizzato che in essa si nascondesse un mondo infero, lontano da Dio e dalla forma. La natura era dunque il velo variopinto steso sul fruscio della selva, sul moto inarrestabile di oscure acque, in cui fermentava il male e la dissoluzione. Il mondo antico in area ebraico-cristiana aveva pensato che la natura fosse opera di Dio, e che Dio fosse soddisfatto della sua opera, e che avesse consegnato agli uomini il compito di dare voce alle cose mute, perché in esse potesse risuonare il nome di Dio, e questa immensa pluralità potesse essere ricondotta e redenta nella sua unità. Il mondo antico aveva guardato alla natura con reverenza, amore e timore, che vediamo riflessi nelle opere pittoriche, che si aprono su questa dimensione misteriosa come un occhio che si spalanca davanti al mistero. Il mondo antico, in una parola, aveva visto nella natura qualcosa che eccede lo spazio e la mera oggettualità.
Un’immensa rivoluzione apre i tempi moderni. Con Galileo e Cartesio il linguaggio della natura non è più la cifra segreta da interrogare nell’anima o nelle forze che uniscono e dividono anche la materia. Il linguaggio della natura è quello matematico: quello degli angoli, dei quadrati, dei rettangoli. La natura è un enigma, ma con la chiave del linguaggio matematico questo enigma si apre: essa si stende davanti a me, disponibile alla descrizione, res extensa, appunto. Il barocco esprime la vertigine di questo enigma, ma anche la certezza della sua soluzione. La materia si piega, si attorce, si libra, però è sostanzialmente misurabile. Ma l’arte che esprime più compiutamente questa metamorfosi, è l’arte neoclassica. Il recupero della misura classica esprime la misurabilità del mondo. E misurabilità significa armonia, o almeno simmetria.
Perché allora l’amore delle rovine? Perché l’artista neoclassico si è spinto verso questi segni della caducità delle opere umane, che fanno anche dell’erba che cresce fra i lacerti e i brandelli di mura una muta vegetazione cimiteriale? Piranesi ha spinto questa attrazione per la rovina fino a fare di essa un labirinto, in cui non c’è più nemmeno il Minot[…]
via Il tentativo dell’arte romantica di comprendere l’incomprensibile | L’indiscreto