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Come cambia il linguaggio nell’Era dell’informazione

Roberto Cirelli, professore di Italian Communication presso la Birzeit University in Palestina, ci spiega com’è cambiato il linguaggio nella cosiddetta Era dell’informazione.

di Terry Passanisi

cirelli

Nell’ambito della “XVIII Settimana della Lingua Italiana”, il Dipartimento di Lingue e Traduzione della Birzeit University ha tenuto, lo scorso 23 ottobre 2018, una conferenza sui cambiamenti e sugli sviluppi che l’Era digitale ha prodotto sulla lingua italiana. La Settimana della Lingua Italiana nel Mondo è una manifestazione promossa dalla rete culturale e diplomatica della Farnesina ogni anno nella terza settimana di ottobre, intorno a un tema che funge da filo conduttore per l’organizzazione di un vasto programma culturale focalizzato sulla diffusione della lingua italiana. L’iniziativa nasce nel 2001 da un’intesa tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e l’Accademia della Crusca.

Alla conferenza, guidata dal professor Roberto Cirelli, che insegna comunicazione italiana all’Università di Birzeit, hanno partecipato Federico Dimonopoli, console italiano a Gerusalemme; Amir Khalil, responsabile delle relazioni accademiche esterne della Birzeit University; Adnan Abuayyash, presidente del Dipartimento di Lingue e Traduzione; e altri membri e studenti della facoltà.

Nel suo intervento, Dimonopoli ha detto di essere orgoglioso delle attività legate alla Settimana della Lingua Italiana, un evento organizzato in tutto il mondo, che serve a promuovere la lingua e la cultura del Bel Paese anche in Palestina, osservando che il tema dell’edizione di quest’anno è “L’italiano e il web, i social network per la lingua italiana,” mentre l’anno passato collegava la lingua italiana al mondo dei film e del cinema. Il console ha inoltre menzionato le borse di studio e le opportunità fornite dal governo italiano per gli studenti palestinesi che vorrebbero perseguire l’istruzione superiore in Italia. Sull’onda del discorso del console, Amir Khalil ha fornito una breve panoramica del programma di interscambio degli studenti Erasmus+, che offre loro la possibilità di studiare per un semestre presso le università in partnership.

Durante la conferenza, Cirelli ha tracciato i cambiamenti avvenuti nella lingua italiana, partendo dall’avvento della tivvù negli anni Cinquanta, che ha portato a una sorta di standardizzazione della lingua e a una graduale desuetudine dei dialetti. “Mentre la maggior parte dei cambiamenti nella lingua italiana è avvenuta negli ultimi 50 anni, il linguaggio stesso è in uno stato di costante evoluzione ed è costantemente influenzato dai cambiamenti culturali, sociali e tecnologici che si verificano,” ha detto. Cirelli ha affrontato poi le influenze che i progressi tecnologici hanno avuto sulla lingua italiana.

Tali cambiamenti includono l’introduzione di nuovi termini – per lo più legati alla tecnologia – che sono una variegata mescolanza con l’inglese, abbreviazioni di parole e frasi adattate per i messaggi di testo, fino all’abitudine di ignorare la punteggiatura per tenere il ritmo di una conversazione di messaggistica istantanea. “La scrittura è cambiata. Prima, le persone scrivevano lettere che avrebbero richiesto giorni e settimane per essere consegnate. Ora, tuttavia, la conversazione è istantanea come un discorso faccia a faccia, il che significa che l’italiano scritto ha assunto alcuni degli attributi dell’italiano orale,” ha puntualmente osservato Cirelli. Al termine della lezione è stato proiettato un breve estratto del film “Passione: A Musical Adventure”. Il lungometraggio esplora la cultura e l’incomparabile ambiente musicale di una delle città italiane per antonomasia, Napoli.

Ecco di seguito l’intervento integrale del professor Cirelli.

L’e-taliano vero.

«Lasciatemi parlare, con la tastiera in mano / Io sono un e-taliano, un e-taliano vero!»

Conoscete tutte queste parole?

App, inputare, bannare, virale, whatsappare, buongiornissimo caffè, spoilerare, pvt, chattare, post, in bacheca, account, avatar, blog, browser, cookies, dominio, emoticon, e-learning, hacker, software, hardware, ipertesto, link, online, palmare, chiavetta, USB, podcast, postare, provider, screenshot, server, sito web, social, spammare, streaming, zippare, selfie, omg, hashtag, troll, emoji, emoticon.

L’italiano è cambiato. Molto. E non solo per la presenza di tutti questi stranierismi integrali o ibridati. Quando è successo? Di chi è la colpa? Ed è davvero una colpa, o un merito? La colpa (o il merito se preferite) è di Internet, dei personal computer, dei tablet e degli smartphone. Oggi discuteremo di questo: dei vantaggi e degli svantaggi di Internet per la lingua italiana, che oramai possiamo chiamare e-taliano, dove la “e” sta per “electronic”. Parleremo di come è cambiato l’italiano con l’avvento della rete e di cosa la rete può fare per l’italiano. Ma come può un’invenzione così recente (Internet ha 27 anni!) avere cambiato in così poco tempo una lingua con una storia così antica? Se consideriamo il latino, antenato dell’italiano (lingua appunto neo-latina), allora le origini dell’italiano le possiamo datare a circa 3000 anni fa. Il passaggio al “volgare”, evoluzione del latino popolare, avvenne circa 1100 anni fa. Mentre l’uso dell’italiano standard è stato incentivato soprattutto a partire dall’unità d’Italia 157 anni fa.

brain-on-the-internet

Ora i linguisti concordano sul fatto che sia in atto un fenomeno iniziato negli anni ottanta e novanta del secolo scorso, ovvero una ristandardizzazione dell’italiano. L’italiano che oggi si parla, e che è in continua evoluzione, viene definito italiano medio o neo-standard. Pare tutto sia cominciato con la televisione, apparsa in Italia negli anni 60. Allora gli italiani hanno in parte abbandonato i dialetti e uniformato su scala nazionale l’uso della lingua orale. La paura dei linguisti allora era che nella società dell’immagine e del suono, e dei videoregistratori, l’italiano scritto scomparisse.

In effetti la maggior parte degli italiani lo usava, una volta finita la scuola, soprattutto per scrivere la lista della spesa. In quegli anni si è smesso di scrivere, e che anche la corrispondenza epistolare è stata pian piano sostituita dall’uso del telefono fisso. Gli italiani entrarono, come il resto del mondo, nella quarta era dell’umanità: dopo l’era del nomadismo, e poi quella dell’agricoltura sedentaria, dopo la società industriale, venne l’era dell’informazione, sviluppata ulteriormente dai personal computer (il primo Apple è del 1976), poi connessi tramite una rete globale (WWW) nel 1991. Allo stesso tempo, a partire dal 1983, la telefonia diventava mobile, con la possibilità di essere raggiunti in ogni luogo per comunicare, con chiamate o “sms”, e dal 1990 con i famosi Nokia, per esempio, il mondo parlava al telefono ovunque.

L’uso degli sms preoccupò nuovamente i linguisti: il costo dei messaggi costringeva a forme abbreviate (tvb) e all’uso della “k” al posto del “ch”; negli sms per risparmiare si scriveva “xk 6 :-(?xxx” (perché sei triste? Baci). Ma con l’introduzione degli smartphone (il primo I-phone è del 2007), che ci hanno collegato alla rete in ogni istante della nostra vita, e la nascita delle app di messaggeria gratuita, il pericolo è stato scampato. Ora possiamo scrivere usando tutti i caratteri che vogliamo, anzi, forse il pericolo è che siamo diventati “graforroici”. Oggi 4 miliardi di persone nel mondo navigano in Internet (43 milioni in Italia). 5 miliardi usano la telefonia mobile (49 milioni in Italia). E dal 2004 con la nascita di Facebook, la più popolare piattaforma sociale (o “social” che dir si voglia), e poi di Twitter e di Instagram, possiamo condividere la nostra vita con altri 34 milioni di italiani e 3 miliardi di esseri umani nel mondo.

E l’italiano è l’ottava lingua al mondo più usata su Facebook. E così abbiamo ricominciato a scrivere: sui siti web, sui forum, sui blog, nelle e-mail, nelle chat e soprattutto su WhatsApp. La scrittura, prima riservata a scrittori, giornalisti e saggisti, è stata desacralizzata ed è diventata di dominio pubblico, a scapito dell’oralità certe volte: chi parla più al vicino in fila alla posta, in autobus o sul treno? Tutti scrivono a qualcun altro lontano, perché la tecnologia ha avvicinato tutti gli amici lontani (quelli virtuali di sicuro, forse talvolta un po’ meno quelli reali, purtroppo!)

È nato un nuovo tipo di italiano: dopo quello orale e quello scritto, ora esiste soprattutto quello trasmesso, e la comunicazione ora è CMC (computer mediated communication), più dialogica e spesso condivisa con numerosi interlocutori lontani. Solo che ora non usiamo più la penna: usiamo la tastiera; non scriviamo più: ora digitiamo; non usiamo il cartaceo, usiamo il digitale. La scrittura si è dematerializzata e standardizzata: non possiamo più riconoscere la calligrafia di chi scrive, come faceva Nicolò Paganini trepidante quando riceveva una lettera: “Il cor mi balza vedendo i tuoi caratteri”. E persino i libri spesso si leggono sull’e-book, in digitale.

Sì, abbiamo certo perso qualcosa nel passaggio al digitale, una fisicità di cui prima godevamo. Ma la lingua e la comunicazione ci hanno forse guadagnato. Seppur con tutti i cambiamenti che ha subito, la lingua italiana ora viene usata di più da tutti, e soprattutto viene scritta. E anche i linguisti, che una volta storcevano il naso, compresi quelli dell’Accademia della Crusca, ora concordano che sono tutti segni di vitalità della lingua.

Analizziamo le caratteristiche dell’e-taliano.

  • La nostra lingua è diventata più simile alla lingua orale.
  • La sintassi è più destrutturata. I testi sono spesso frammentari, incompleti.
  • La punteggiatura è trascurata o abolita. Spesso anche le maiuscole. Oppure usata in modo esagerato!!!!!!!!!!!!!!!!???
  • Il lessico ha introdotto tantissimi neologismi: giovanilismi, colloquialismi, trivialismi, dialettismi, semplificazioni, abbreviazioni, acronimi e molti stranierismi, soprattutto inglesismi, mutuati così come sono (screenshot) o ibridati (chattare).
  • E il modo di esprimersi è diventato più multimediale, con riferimenti a foto, video, link. Nei messaggi su Facebook la scrittura rappresenta il 20% del messaggio, le foto il 32%, i video il 27%.
  • Le parole infatti non bastano più, e ora abbiamo bisogno di aggiungere le “faccine”, i famosi “emoji”, figli dei primi “emoticon” per rappresentare visivamente le nostre emozioni supplendo alla mancanza di vicinanza e all’impossibilità di mostrare le espressioni del nostro viso.
  • I messaggi sono inoltre più dialogici, interattivi, spesso sincronici.

Purtroppo in rete si è troppo tolleranti nei confronti dei refusi e delle inesattezze, sia quando scriviamo noi che quando scrivono gli altri. E così gli errori proliferano in rete. Eppure basterebbe prendersi un minuto per rileggere! Ecco, la velocità richiesta nel formulare e leggere messaggi in Internet o sui social non starà trasformando tutti in smupidi (da “smupid”, neologismo inglese per definire chi usa tecnologia “smart” ma in modo errato, o appunto “stupid”)? Ma ora passiamo a parlare di cosa la rete fa per l’italiano e per chi lo parla o lo vuole imparare.

Esistono al mondo circa 58 milioni di italofoni (tra Italia, Svizzera, Croazia, Slovenia, San Marino e Vaticano). A questi si possono aggiungere altri 58 milioni circa di italiani oriundi (39 milioni in America Latina, 16 in Nord America). E poi nel mondo ci sono, secondo gli ultimi dati, più di 2 milioni di persone che studiano italiano nelle scuole, nelle università e con la Dante Alighieri. La lingua italiana è diventata la quarta lingua studiata nel mondo, dopo inglese, spagnolo e cinese.

Cosa fa la rete per tutti questi italofoni e aspiranti italofoni? Tantissimo! Ci sono innumerevoli siti per apprendere l’italiano, a pagamento o gratuitamente, con corsi completi, dizionari online e possibilità di chattare con persone di madrelingua.

  • Le tv e le radio in italiano possono essere raggiunte in streaming, spesso gratuitamente.
  • I quotidiani e i settimanali offrono pagine intere di articoli gratuiti o in abbonamento.
  • Euronews offre la possibilità di sentire il notiziario seguendo la trascrizione scritta delle notizie.
  • Su Youtube esistono fiumi di materiale video con lezioni di docenti e materiale autentico in lingua italiana, spesso con sottotitoli.
  • In rete si trovano i testi delle canzoni e spesso opere intere di letteratura, col testo o persino con l’audiolibro.
  • Esistono forum su diversi temi attinenti all’apprendimento dell’italiano, e banche dati istituzionali (progetto “vivit”, sito dell’Accademia della Crusca, piattaforma “LIRA, lingua e cultura italiana in rete per l’apprendimento”, gestito da università italiane.).

Per concludere possiamo dire che la stessa quantità di materiale disponibile in rete e il numero degli utenti attesta il successo della lingua italiana e la sua vitalità. Per quanto possa essere vero che l’italiano medio rischi di uniformarsi a un livello meno letterario, più orale e impreciso, è pur vero che sia la lingua orale che quella scritta vengono usate di più e con modalità diverse dal passato, che aumentano le possibilità di scambi e di reperibilità di materiali autentici per la comunicazione e per l’apprendimento.

E la lingua italiana, soprattutto quella scritta, non è più privilegio di pochi dotti ma è diventata, come dice il linguista Giuseppe Antonelli, l’e-taliano: un italiano telematico, lingua non perfetta né letteraria, ma vera lingua di massa e certamente lingua del futuro, che con i nuovi mezzi messi a disposizione dalla rete può essere conosciuta, studiata e usata meglio.”

(Roberto Cirelli, lettore per il Ministero degli Affari Esteri a Gerusalemme Est)

Gerusalemme, 24 ottobre 2018

Bibliografia:

  • Antonelli, “L’e-taliano”.
  • Bonomi, “Tendenze linguistiche dell’italiano in rete”.
  • D’Achille, “Rapporto tra lingua italiana e social network”.
  • Ghero, “La lingua italiana di Facebook, galassia in espansione”.

Parte dell’articolo è comparso in originale sul sito della Birzeit University


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