“Un racconto iniziatico, ma è anche, e soprattutto, un gioco…”. “La storia infinita” sta per compiere quarant’anni. E come racconta su ilLibraio.it la scrittrice Ilaria Gaspari, è un libro che in un modo sotterraneo e segreto smuove ancora oggi qualcosa in chi lo legge. L’autore, Michael Ende, si ribellò sempre ai tentativi di imbrigliare la sua poetica. Visse una vita inquieta, ostinandosi a remare controcorrente con quell’autentico, testardo, tedeschissimo spirito d’avventura, di cui solo una parola per l’appunto tedesca è capace di conservare la bellezza: “Wanderlust”, lo struggimento randagio del vagabondare
La storia infinitasta per compiere quarant’anni, ma è un libro che sembra, insieme, nuovo di zecca e antichissimo. Qualcuno potrebbe dire: certo, è proprio questo a definire i classici, e in effetti ormai il romanzone di Michael Ende la fama di essere un vero e proprio classico della letteratura per ragazzi se l’è guadagnata. Non senza difficoltà, però: il libro, che apparve nel settembre 1979 e incontrò un immediato, inaspettato, enorme successo di pubblico, fece storcere parecchio il naso alla critica. Erano anni complicati, la Germania era divisa in due, e da un romanzo per bambini si tendeva ad aspettarsi il famigerato messaggio: la formula, la morale, l’ammonimento strettamente pedagogico, che come una buona cura ricostituente sapesse rinforzare le acerbe menti dei lettori, che le rinsaldasse fornendo qualche verità, semplice e incrollabile, in cui credere, qualche corroborante certezza cui far riferimento mentre si diventa grandi, proprio come un graticcio di ferro offre a un giovane rampicante lo schema da seguire per assumere la forma che chi ha costruito il graticcio ha previsto che debba assumere il rampicante una volta cresciuto.
Ma Michael Ende fu un autore estroso e ribelle ai tentativi di imbrigliare la sua poetica. Visse una vita inquieta, ostinandosi a remare controcorrente con quell’autentico, testar[…]