di Barbara Venditti.
È molto semplice. Mi segua Ministro, la prego. Come certamente lei saprà la dicitura “destra” e “sinistra” risale a poco prima della rivoluzione francese, in occasione della convocazione degli Stati Generali da parte del re, quando si schierarono alla sua destra gli esponenti delle tre classi convocate che si dichiaravano conservatori e non volevano abbandonare quello che era l’attuale sistema politico, spalleggiando il re e sostenendo la sua supremazia. Alla sinistra del re, erano invece posizionati coloro i quali chiedevano a gran voce il cambiamento, la rivoluzione e la libertà dal re e dalla religione. Ora, una volta compresa la differenza nei valori fondamentali di destra e sinistra, dobbiamo accordarci sul significato della parola “cultura”. Mi perdonerà se indugerò su un ricordo personale e le citerò la mia professoressa di Greco quando diceva che la cultura è quel che ci sarebbe rimasto dopo aver dimenticato tutto quello che stavamo studiando. Ci invitava quindi a studiare molto, perché così il filtro del tempo sarebbe stato addirittura benevolo, trasformando le nozioni in concetti. Grazie a quel meccanismo virtuoso, lei diceva, con tanti strumenti avremmo potuto fare pensieri più complessi e da quei pensieri complessi, dar vita a nuove domande per rispondere alle quali avremmo cercato altri strumenti ancora.
In sintesi: la cultura, da questo punto di vista, è la capacità di usare ciò che si conosce per scoprire ciò che non si conosce ancora. Chi ha sviluppato questa capacità non teme il cambiamento, anzi lo cerca, perché sa che solo nel nuovo e nelle rivoluzioni potrà trovare le risposte che ancora non ha. Avere molti strumenti inoltre, e sapere di averli, non lascia spazio alla paura. Come il pilota esperto può lanciarsi in avvitamenti mozzafiato, il pensatore ricco di conoscenza, rischia, e quindi è per sua natura progressista. Nel suo percorso alla ricerca della verità, sa che gli altri possono essere una risorsa perché possono arricchire ulteriormente la sua conoscenza, imparando da loro cose che ancora non sa. Questo “atteggiamento”, parola bellissima che a me piace tradurre con “visione della vita”, determina un comportamento verso gli altri di empatia e rispetto. Empatia e rispetto dell’altrui libertà; progressismo; rivoluzione. Vede, è proprio la cultura ad essere un concetto di sinistra. Non è che prima si è di sinistra e poi si cerca la famosa “cultura”. È proprio il contrario, Ministro: quando si intraprende un percorso volto alla cultura ci si scopre per forza di sinistra. Poi lasci stare che a volte, inneggiando alla “tolleranza”, si rischia di diventare intolleranti nei confronti della bruttezza, ma questo è un discorso più ampio che include almeno altre tre parole su cui accordarci nel significato: intellettuali, snobismo e bellezza. Ora se lei per cultura intende “divulgazione” della conoscenza, questa divulgazione non può che voler favorire il libero pensiero, poiché più si concedono a tutti strumenti per elaborare nuovi pensieri, più tutti – e con “tutti” intendo la razza umana – diventiamo ricchi.
Al contrario, chi auspica la conservazione di diritti acquisiti da parte di pochi, non può certo augurarsi la diffusione di strumenti che consentano a quei tutti di formulare nuovi pensieri e fare scoperte. Io sono certa che lei ha studiato molto, o almeno molto più di me, che non sono mai riuscita a laurearmi. Quindi non le sfuggirà la linearità di questo semplice ragionamento che mi sono permessa di proporle. Quando ero al Liceo, non ero certo felice di passare tutte quelle ore sui libri, e, anche se col tempo ho imparato a dire grazie a quegli anni, in una cosa non sono cambiata: ho una vera e propria passione per le parole e le storie. Infatti avrei voluto essere più sintetica ma non ci sono riuscita. Ecco uno spunto da cui trarre insegnamento: devo imparare anche io, come lei, a usare Twitter.