Prendere dimora in un libro è un’esperienza universale, condivisa, fatta di ritorni confortevoli e di addii nostalgici. Alcuni autori più di altri riescono a “fare luogo”, come si dice senza pensarci troppo, avvolgendo il lettore con fasce morbide, strette, tiepide, rassicuranti. Nel mezzo del deserto geologico, nella terra di nessuno tra Gondor e Mordor, prima che gli eventi tornino a travolgerli ineluttabili, Sam e Frodo si siedono davanti a un piccolo fuoco e recuperano profumi e atmosfere della Contea, fanno una pausa, entrano in una parentesi domestica mentre fuori il mondo sta cambiando, un po’ come Merry e Pipino quando scoprono la dispensa di Saruman tra le rovine di Isengard, o come la compagnia hobbit al Puledro Impennato, nella piovosa Brea, sull’orlo del massimo pericolo e quasi all’ingresso nell’età adulta. Tolkien costruisce dei luoghi di posta, delle taverne dell’anima, dove il ristoro prima della ripartenza nell’ombra scalda il cuore un…
View original post 1.002 altre parole