Rachel Carson (*), biologa marina, zoologa e autrice prolifica. Ritenuta la “madre dell’ambientalismo americano” è tra le maggiori, e indubbiamente la più nota, delle ispiratrici di quello che in seguito fu chiamato ecofemminismo, sorto nel mondo occidentale. Un movimento (e lei in prima persona) ferocemente criticato sia dall’establishment (lobbistico e accademico) che dalle correnti dei femminismi radicali e dell’ecologia sociale, persino dall’ecologia profonda. Un movimento che, benché marginalizzato dal dibattito dominante, si è sviluppato carsico per emergere con pensatrici come Sherry Ortner, Carolyn Merchant, Susan Griffin, Evelyn Fox Keller, Vandana Shiva, Karen Warren, Val Plumwood, Elisabetta Donini, Donna Haraway, Rosi Braidotti e molte altre qui e altrove.
Praticamente sconosciuta in Italia, sia dagli ambientalisti che dalle femministe, se non come una figura lontana e limitata all’eco mediatica del suo bestseller Silent spring del 1962 e al tema dell’inquinamento da chimica. Sconosciuta o non menzionata da chi oggi scrive di ecofemminismo…
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