Cultura Società

Tassisti no-vax

Come è difficoltosa questa piega sociale che è piaga sociale, questo presumere di sapere, questa ignoranza che si ammanta di conoscenza, questa imperizia nutrita con dieci pagine Internet, questa saccenza.

di Giuseppe Genna

Oggi, al Simpaty, per un caffè d’asporto e chiacchiere del popolo, al quale appartengo. Luce rada, piazza Napoli inumidita, fradicia, gelida. La doppia fila dei taxi in attesa, ci metteranno ore a schiodarsi. La sonnolenta presenza dei tassisti milanesi, questi campioni dei 5S quando ci sono i 5S, della Lega quando c’è la Lega, di Fratelli d’Italia quando c’è Fratelli d’Italia. Il loro perenne mulinare gentrismi, truismi, immoralismi. Sembrano pazientare, sembrano dormire, sembrano pietra. Non so come facciano: ogni giorno quanto riusciranno a tirare su? Alla luce mozza del bar, verso il bancone, c’è uno di loro: robusto, alto, romano. Strascica questa parlata che non tollero più, che le per me impervenibili battute di Osho hanno condotto a mala sopportazione, come se l’intera nazione dovesse biascicare romanesco, quando c’è da ridere. Il tipo è un negazionista. Dice che i numeri sono falsi, non moriranno più di cinquanta persone al giorno, è tutta una montatura.

Come è difficoltosa questa piega sociale che è piaga sociale, questo presumere di sapere, questa ignoranza che si ammanta di conoscenza, questa imperizia nutrita con dieci pagine Internet, questa saccenza… Il vaccino non lo fa: “I vaccini fanno male”. Ovviamente non gli è morto nessuno, nessuno dei suoi intimi o conoscenti ha contratto questo virus che si propala nelle fantasie di umani ridotti a pile, piccoli esseri tridimensionali e simmetrici, alle spalle dei quali si perpetra chissà quale complotto, per impoverirli, per controllarli, per guadagnarci sopra. Non sa cosa sia il piano Marshall, non sa cosa sia il Next Generation EU, non sa cosa significhino 209 miliardi dall’Europa, non sa che per arrivare a vaccino il pianeta ha risposto con uno sforzo di ricerca impensabile. Non sa niente ed è tutto lui. La stanchezza che mi prende, la distorsione e la slogatura della mente che è stremata da questa atmosfera, flatulente di genericità, prodromica davvero al controllo generalizzato, che l’umanità qua attorno confonde con una libertà finzionale, non avendo conoscenza né riflessione, lontanissima dalle plaghe della fiducia e dai marosi della connessione con se stessa. E pensano loro e sanno loro e dicono loro, oppure tacciono con quel silenzio gelido insopportabile, perché si tengono dentro la loro convinzione piccina e priva di giustificazioni. Come se a Napoli, nel 1973, il vaccino contro il colera fosse una cospirazione ai danni delle mozzarelle con le acciughe, per eterodirigere Mergellina e danneggiare i pizzaioli.

Questa sollevazione generalizzata della bassezza, tutta egoica e spacciata per libertarismo o addirittura spiritualismo, mi ha strizzato i reni ed esaurito l’adrenalina. Essere composti in una società misurata non si dà e nemmeno rivoltarsi secondo le modalità della rivolta autentica. Non è tanto da chiedermi, invocando il popolo, cosa io gli abbia fatto, perché mi viene soltanto da dire al popolo cosa ha fatto a me: mi ha rotto i coglioni. Esistesse un vaccino contro l’immoralità da piccolo io, da stracciatella di premesse non verificate e latte dalle ginocchia, magari un poco più oltre avrei davvero voglia di guardare, chiedermi chi siano le sorelle, i fratelli, lavorare a riconoscere i miei errori: ma come ti inganni, se pensi che gli anni non han da finire. Si spenga l’ardire.

Repost Facebook del 13 aprile 2021


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