Eventi Musica

Fenomenologia del Jova Beach Party

Due spicci su Jovanotti e sul suo tour musicale nelle spiagge di tutta Italia, molto redditizio e poco ecosostenibile.

di Giacomo Faramelli

Il geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi ha scritto una lettera aperta al cantante, invitandolo a un ripensamento e affrontando il tema dell’insostenibilità del Jova Beach Party

A me della musica da pensiero magico, eticista e ottimistica di Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti importa zero; chiunque si entusiasmi per l’estate, una volta finite le scuole superiori, o non lavora o ######omissis per la Dig*s. Anzi, volendo definirlo, Jovanotti per me è il PD della musica, basta L’ombelico del mondo: “una grande chiesa da Che Guevara a Madre Teresa”, per rendersene conto. Trovo che nascondersi dietro l’ombra di un’associazione che da anni è scavalcata dalla realtà (e dalle nuove generazioni) come il WWF, con la base dissociata dai vertici, sia solo l’ennesima paraculata. Greenwashing at its highest level (e oltre). Dare degli econazisti a chi critica i beach party mentre ti sponsorizzano i polli in batteria e una banca che investe tre miliardi all’anno in fonti fossili è come dire, disonesto?!

Dopo il Beach Party del 2019 la provincia di Fermo ha speso soldi di tutti i contribuenti, per riadattare la spiaggia dell’evento allo sviluppo del patrimonio floro-faunistico, richiedendo anche a vivai universitari specie vegetali rare e in estinzione. La stessa spiaggia è stata rispianata nel 2022. Cioè, hanno spianato i nostri soldi, però io lo so che non sono solo anche quando sono solo. E qui arriviamo al punto politico (e a quello sociale). L’evento porta “gente/soldi”. Certo. Non ci piove. Alla politica porta consenso immediato, rivendibile, certificato da decine di migliaia di arrivi, consumi, eccetera. Un consenso bancomat che il Fratino, povero piccolo trampoliere, il reinserimento di specie vegetali rare non garantirebbero in nessuno stato del mondo (ed è pure normale, eh). Ma anche la pista da sci sul Catria portava soldi e consenso. Certo, spianiamo un po’ di bosco secolare e vergine. Ops, c’è il riscaldamento globale, potremmo NON riuscire a sciare sull’Appennino.

40 anni fa Franco Battiato annullò un concerto in Sardegna per salvare un bosco secolare.

Questo miraggio del turismo di massa uguale alle bombe d’acqua estive: ci illudiamo che possa salvarci da un’altra piaga e non ci accorgiamo che gli effetti negativi sono almeno pari ai benefici. Il problema si riduce alla capacità di un tizio famoso di piegare, pure in buonafede, una politica ridotta ai minimi termini, incapace di impegnarsi nell’elaborazione di un futuro e alla ricerca continua di riflettori e consensi, senza ragionare in prospettiva, tanto più ora.

Un’ultima cosa (ma non certo l’ultima). L’unico politico che ha preso posizione su questa storia, a difesa di Jovanotti, è Salvini. Uno che di boiate sulle spiagge se ne intende.

Ah, non è Le migliori frasi di Osho?!

Per approfondire:


2 commenti

  1. È ironico soprattutto pensare che in questi eventi il cantante voleva sensibilizzare il pubblico riguardo l’ambientalismo ma alla fine ha provocato ingenti danni su territori locali. Da quel che ho compreso non capisce molto di ecologia e ambiente e non sa quanto l’ambiente dunale italiano sia fragile e in pericolo. Ma a questo punto io mi domando: ma non era meglio fare tutto in appositi edifici creati appositamente per i concerti?

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  2. Come tutte le imprese – è inutile provare a negare che ogni musicista sia pur sempre un’azienda – è subdolo negare, anche, che si pensi prima a costi/ricavi e solo poi a un bel messaggio da veicolare, se proprio si riesce a infilarlo, volente o nolente. Certo, le soluzioni ci sono sempre, ma non avrebbero lo stesso appeal, la stessa proporzione indiretta costi/ricavi.

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