di Stefano Bartezzaghi
(Un articolo da incorniciare di Stefano Bartezzaghi su Repubblica di ieri. La donna in questione, tra l’altro, ha già spiegato bene l’accaduto sul Guardian qui)
Una giovane donna velata cammina sul ponte di Westminster, subito dopo la strage del Suv. Ha uno smartphone in mano, vicino a lei c’è un corpo a terra e un capannello che lo soccorre, ma lei procede senza guardare. È stata fotografata e poi accusata di essere indifferente allo scempio e sospettata persino di approvarlo. Per fortuna le era stato fatto un altro scatto, in cui il volto tradiva più evidentemente lo sgomento. Lei stessa è intervenuta, si è dichiarata sotto choc per i commenti malevoli e ha raccontato che aveva il telefono in mano perché aveva appena mandato un messaggio ai suoi cari a proposito di quanto era appena successo.
L’episodio è solo il prodotto più recente di una tendenza su cui non si discute mai e, indiscussa come appunto è, diviene sempre più allarmante: siamo, tutti, obbligati a reagire in modo riconoscibile e appropriato. Altro che politicamente corretto, altro che cantare fuori dal coro! Il nuovo imperativo paradossale è: «Sii, spontaneamente, sconvolto». Chi non si indigna prontamente (o al contrario non si rallegra) in reazione a ciò che è considerato degno di indign[…]