di Ilaria Gaspari
Ci fanno studiare Alessandro Manzoni per “pubblicizzare l’epidemia” (sic!)
L’opinione di quelli che i poeti chiamavan volgo profano, e i capocomici, rispettabile pubblico” a volte crea cortocircuiti esilaranti. Se avete riconosciuto le parole fra virgolette, che questi tempi fanno risuonare di sinistri sottintesi (oltre che del sontuoso snobismo di Orazio), è probabilmente perché a scuola avete studiato “I Promessi Sposi”, e quella frase è andata ad ammonticchiarsi nel gran bric-à-brac delle memorie scolastiche, tra emistichi di poemi epici, cavalline storne, fotosintesi clorofilliane, giacimenti di bauxite, lune e selve oscure. Compare nel trentunesimo capitolo, che illustra il diffondersi della peste a Milano. Attraverso i documenti dell’epoca Manzoni ricostruisce il dilagare dell’epidemia, che monta piano piano, in una costellazione di casi sporadici, di allarmi inascoltati, di indifferenza e provvedimenti stravaganti delle autorità. Racconta la paura che cresce, e l’ostinazione a ignorarla. Fra molti episodi notevoli, ce n’è uno che riguarda il medico ottantenne Lodovico Settala, il quale, essen[…]
via Leggere i “Promessi Sposi” per capire la psicologia dei complottisti sui vaccini – Il Foglio