Parlando di epidemie si dovrebbe sempre partire da una premessa metodologica. Fino a qualche anno fa (ma, a ben vedere, ancora oggi) i batteri ‒ anziché essere considerati microrganismi “patogeni” in senso contestuale ‒ erano considerati la fonte di ogni male. Si conserva memoria di questo timore reverenziale ogni qualvolta si impiega il termine “germi”, che si rifà a una teoria clinica ormai assai sorpassata, ma spesso rievocata, in questi ultimi giorni, dalle voci terrorizzate di una popolazione nascosta dietro a mascherine e quintali di Amuchina. Cosa comporta tale premessa? Facciamo un esempio: si prenda escherichia coli, un batterio entrato da pochi anni nel novero degli spauracchi pandemici. E. Coli è un batterio capace di infliggere gravi danni (tra i quali ulcere, tumori e meningite) all’organismo ospite. Tuttavia, E. Coli è già presente all’interno del corpo umano, essendo parte integrante di una sana flora batterica intestinale. A segnare il…
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