Chiediamoci una cosa: in che misura il trauma epigenetico che in questi giorni sta per addentare il DNA di coloro che avranno figli in futuro accompagnerà e condizionerà le prossime generazioni? Funziona così: una carestia, un attentato terroristico, una guerra traumatizzano una donna oggi. Quella donna trasmetterà il trauma non solo al suo feto, per via psicofisica, ma anche ai nipoti e ai pronipoti. Chiediamoci allora un’altra cosa, cioè in che modo l’esperienza della quarantena, l’esperienza bioculturale del contagio, l’esperienza dello scrivere in queste ore influenzerà la scrittura di domani. Non parlo di romanzi del virus, romanzi della peste e romanzi del crollo sociale. Parlo di qualunque libro verrà scritto da qui in avanti. Perché il trauma c’è e ne sentiremo gli effetti molto a lungo. Ora, come in ogni situazione del genere, antropologicamente parlando, le vie sono due: raccontare favole esopiche possibilmente istruttive oppure continuare a ragionare in…
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