La poliedricità è una caratteristica che ho sempre ammirato, caratteristica che sembra condensarsi con maggior rigore negli scrittori russi del 1800 che oltre alla scrittura coltivarono altri talenti. Lermontov, ad esempio, fu un genio della scrittura e della pittura, Puskin un abile disegnatore e Gogol riversava la stessa maestria con la quale tesseva parole nell’arte del cucito che praticava con professionalità . E Dostoevskij? Lui era un esperto calligrafo e se ne compiaceva. Il momento creativo delle sue opere era qualcosa di profondo, che iniziava già con la scelta della carta e l’inchiostro migliore nel tentativo di dare “un volto all’idea”. Già, la carta. Quello spazio bianco che necessitava riempire per non esser schiacciato dai debiti e da un editore furbo. Dostoevskij, tante volte, iniziò a scrivere “per contratto”, cosa che lo portò ad esser deriso dal circolo Belienskj e da Turgenev che lo definì