Letteratura

Il grande Gatsby, la non fiction, il passato prossimo

Una conversazione sulla traduzione della lingua letteraria.

da Redazione

Francis Scott Fitzgerald

Claudia Durastanti sta traducendo per Garzanti una sua versione del Grande Gatsby: tra le strade sperimentate, vorrebbe provare a usare il passato prossimo al posto del passato remoto, perché le pare che dopo questo decennio di libri più autobiografici e in prima persona la mente si sia abituata a processare il tempo in una maniera che ci allontana dal “feci”, “dissi”, “andai”. Nel caso di Gatsby, poi, abbiamo un narratore, Nick, che deve raccontare una persona che ha conosciuto. Tecnicamente sembra di stare nei territori della non fiction narrativa. Claudia si ritrova sui social a discuterne con Martina Testa e Tommaso Pincio – c’è anche un cameo di Ilide Carmignani: tutti e quattro sono traduttori bravissimi, sappiamo anche che scrittori sono Durastanti e Pincio, la loro conversazione è un tesoro da isolare dal feed e mettere da parte: mimare una lingua con un’altra richiede una quantità di operazioni, di funzionare su diverse frequenze; un libro non è tradotto bene o tradotto male da solo, deve respirare la lingua, soprattutto quella italiana, facendo continuamente il punto su dove ci troviamo, cosa possiamo dire, cosa ci suscita una parola, un grumo di consonanti, un tempo verbale. Abbiamo chiesto di poter pubblicare lo scambio perché le questioni che combinano solo conoscenza della lingua e del costume, sensibilità, senso delle proporzioni, inclinazioni poetiche finiscono spesso schiacciate da quelle ideologiche, da una parte, e da argomenti più estrinseci e accessibili (trama, personaggi, argomento del romanzo), dall’altra. Guardare a lungo le possibilità di una lingua – per giunta alla luce di un’altra – intontisce e seduce. Noi siamo come lo stalker nella Zona e ci pare di vedere lo spirito ovunque.

Francesco Pacifico  

Claudia Durastanti: Oggi Nick Carraway non racconterebbe mai di Jay Gatsby al passato remoto. Si può far vivere un classico cambiando la coniugazione verbale della malinconia? Se il modo in cui ci rapportiamo al tempo è diventato meno elegante, mi chiedo se l’eleganza riottosa di Francis Scott Fitzgerald non vada cercata altrove.

Martina Testa: A me sembra giusto usare il passato remoto. È l’unico tempo con cui l’italiano scritto/letterario indica un’azione conclusa nel passato, non mi pare ci siano alternative, perché ti dà tanto fastidio? Un romanzo tutto al passato prossimo suonerebbe totalmente innaturale, il passato prossimo ha senso usarlo per indicare anteriorità al tempo presente (per dire, se ci sono parti al presente e flashback) ma se una narrazione è tutta al passato per me va usato il passato remoto. Il problema si pone se il romanzo è tutto in seconda persona, perché in effetti la seconda singolare del passato remoto con tutte le desinenze in –sti suona particolarmente arcaica. Ma i romanzi in prima o in terza a me suona del tutto naturale leggerli e tradurli al passato remoto. I libri di Selby Jr. che nelle traduzioni precedenti erano in gran parte stati spostati al presente io sia ritraducendo sia rivedendo li ho riportati al passato, e a me non sembra di aver tolto credibilità alla voce (magari ad altri sembra, ma nessuno me l’ha fatto notare).

CD: Lo so che è giusto ma mi suona posticcio! L’avrò letto dieci volte in vita mia, ma per me si sono proprio sfasati i tempi verbali con cui ricordiamo le cose e la distanza/vicinanza nel tempo, e mai questo passato remoto mi è suonato così faticoso. Poi tutto in Gatsby è chiarore e buio rispetto al ricordo e l’esperienza, io non riuscirei mai a dire che c’è qualcosa di concluso in quello che è successo nel passato, basta vedere il finale, la vaghezza di ogni azione, non mi pare finito niente! Non è per immaginare la traduzione “giovane” o svecchiare la patina, io credo sia profondamente cambiato lo spirito narrativo, la prima persona che si guarda indietro nel tempo. Insomma mi chiedo se abbiamo ancora una struttura cognitiva, e di conseguenza letteraria, per accomodarlo questo passato remoto senza che risulti insopportabile, soprattutto nel caso di un testo così. Però è appunto per sforzo di immaginazione, dato che esistono traduzioni stabili e intoccabili per tanti aspetti. []

Il grande Gatsby, la non fiction, il passato prossimo – il Tascabile

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