Arte Cinema

Lo sghignazzo, il sogghigno e il sorriso: il realismo caricaturale di Per qualche dollaro in più

Qual è l’universo morale degli spaghetti western? Chi sono i buoni e i cattivi? Cosa li differenzia? Per rispondere, Maurizio Donazzon analizza i tre stereotipi dei personaggi principali di Leone: l’Indio (Gian Maria Volonté), il Monco (Clint Eastwood) e il Colonnello (Lee Van Cleef).

di Maurizio Donazzon

Gli impareggiabili protagonisti dello spaghetti western di Sergio Leone, Gian Maria Volonté, Lee Van Cleef e Clint Eastwood

È noto come Per qualche dollaro in più sia un capolavoro. Per la sceneggiatura di Sergio Leone e Luciano Vincenzoni; la regia di Sergio Leone; le musiche di Ennio Morricone; le interpretazioni di Gian Maria Volonté, Clint Eastwood e Lee Van Cleef; il casting di volti felliniani dal realismo caricaturale.

Qui non voglio aggiungere altri apprezzamenti al film, ma presentare l’universo morale che offre, ovvero voglio rispondere alle domande: Chi sono i buoni e i cattivi? Cosa li differenzia? Per fare questo, analizzerò i tre personaggi principali: l’Indio (Gian Maria Volonté), il Monco (Clint Eastwood) e il Colonnello (Lee Van Cleef). L’Indio ha tutte le caratteristiche della triade oscura: machiavellismo, narcisismo e psicopatia. Ha una personalità manipolativa, ovvero è machiavellico. Infatti carpisce il segreto della cassaforte della banca di El Paso al compagno di cella, che poi uccide. Inoltre libera il Monco e il Colonnello dopo averli imprigionati, incolpando un componente della banda sia del misfatto sia di aver assassinato un compagno per agevolare la fuga. È convinto che il Monco e il Colonnello si sbarazzeranno del resto della banda che li insegue cercando vendetta. In questo modo, potrà tenere il bottino solo per sé.

L’Indio intende arraffare tutto quello che desidera, domina gli altri e si pone sopra la legge, in altre termini è narcisista. È infatti a capo di una banda di delinquenti, e uccide il traditore che l’ha fatto imprigionare, oltre che per la vendetta, anche per rafforzare il suo dominio con la paura. Per soddisfare i suoi impulsi sessuali ha violentato la sorella del Colonnello e ucciso il fidanzato. Non ha empatia verso gli altri, né rimorsi o scrupoli, ovvero è psicopatico, perché la sua vita è costellata da uccisioni indiscriminate e rapine. È manipolativo e narcisista anche il suo comportamento nei duelli, che dovrebbe essere dettato dall’onore e dall’offrire pari opportunità a entrambi i contendenti. Nel duello con il traditore, lo mette prima sotto stress, uccidendone la moglie e il figlio minore. Il suo fine è la vendetta, ma questa va al di là del diretto responsabile. Nel duello finale con il Colonnello, ha invece il vantaggio di avere la pistola a portata di mano, a differenza dell’avversario che deve raccattare la pistola da terra.

L’Indio si fida solo del Niño (Mario Brega) ma, visto il suo comportamento, avrebbe potuto ammazzare anche lui, se l’avesse ritenuto necessario. Il Niño viene però ucciso da Groggy (Luigi Pistilli). La violenza sessuale alla sorella del Colonnello, con l’uccisione del fidanzato, è il comportamento narcisista di chi si accaparra ciò che vuole in spregio agli altri. La rievocazione, nei momenti di sballo e di sogno della scena primaria della visione della coppia felice, della nascita del desiderio, e infine dell’uccisione del concorrente e dello stupro, arricchisce la personalità dell’Indio con un motivo di ferita, di mancanza. Non è infatti l’Indio che ripudia la donna o l’uccide dopo averne abusato, è lei che gli si sottrae con il suicidio. Il possesso della donna è quindi solo momentaneo, incompleto. L’ossessione dell’Indio per il rapporto infranto è accentuata dal fatto che ha conservato uno dei due orologi a carillon della coppia, e lo utilizza nei duelli in una specie di rituale, quasi a ristabilire la propria superiorità, negata dal suicidio della donna.

La locandina della versione italiana

Riassumendo, per l’Indio gli altri sono solo dei mezzi per raggiungere i propri scopi o per soddisfare i propri impulsi. Uccidere, violentare, rubare, mentire, manipolare, prevalere sono per lui azioni quotidiane che alimentano il suo io-narciso. L’ossessione per la donna violentata e suicida approfondisce la sua triade oscura. L’Indio è comunque un capobanda carismatico, intelligente e furbo. Il Monco è un cacciatore di taglie. La differenza con l’Indio è solo legata alle norme stabilite da una società (legale / illegale): il Monco, con il consenso della legge, cattura o uccide i ricercati per la ricompensa stabilita dalla legge, mentre l’Indio assalta la banca, uccidendo i vigilantes, per il bottino, contro la legge. Nel duello tra il Colonnello e l’Indio, a differenza di quest’ultimo, pretende un duello alla pari, anche se è pronto a uccidere l’Indio se vincesse. Usa metodi intimidatori con il Colonnello perché se ne vada da El Paso, per accaparrarsi tutte le taglie della banda dell’Indio e, in seguito, gli mente per raggiungere il suo scopo. Vorrebbe inoltre appropriarsi del malloppo della cassaforte rubato dall’Indio, senza spartirlo con il Colonnello, con il quale ha invece un patto di collaborazione. Il Monco non è un santo, sembra differenziarsi dell’Indio per quantità piuttosto che per qualità. Uccide di meno, è meno avido, meno bugiardo, meno manipolatore. Il Colonnello, come il Monco, è un cacciatore di taglie. Tuttavia, nel caso dell’Indio e della sua banda, lascia le taglie al Monco per non inquinare la sua motivazione: la punizione dell’Indio, che ha violentato la sorella, causandone il suicidio, e ucciso il fidanzato di lei. Anche la sua è una vendetta, come quella dell’Indio, ma per punire un torto subito da due innocenti e limitata al responsabile. Il Colonnello uccide per legittima difesa, anche se nel duello con Wild (Klaus Kinski), della banda dell’Indio, non è completamente onesto perché usa una piccola pistola nascosta in una manica per velocizzare la sua performance. Mente al Monco, ma per contrastare le menzogne di quest’ultimo e gli sottrae per un po’ il bottino dell’Indio. Riassumendo: il Colonnello uccide, ruba, mente, cerca vendetta, ma con motivazioni più accettabili di quelle dell’Indio e del Monco.

In conclusione, Chi sono i buoni e i cattivi? Cosa li differenzia? Il film non presenta una netta contrapposizione tra buoni e cattivi, i personaggi non sono appiattiti nello schematismo morale di eroi tutti d’un pezzo o assoluti malvagi. Tutti e tre i personaggi uccidono, rubano, mentono e cercano di manipolare gli altri, anche se in proporzioni e con motivazioni diverse. L’Indio e il Colonnello vogliono entrambi vendicarsi, ma in modi e con motivazioni differenti. Solo l’Indio si macchia di violenza sessuale. Non sono le azioni che differenziano moralmente i tre personaggi, sono la quantità e le motivazioni. C’è quindi una continuità che vede l’Indio come il più malvagio e il Colonnello il più buono, con in mezzo il Monco. Un’ultima considerazione sul sorriso dei tre protagonisti, che li differenzia anche moralmente. L’Indio sghignazza beffardo, mostrando soddisfazione per le sue malefatte, tanto che la sua risata viene riprodotta nel manifesto da ricercato. Il Monco sfoggia un sogghigno appena accennato, un sorrisetto canzonatorio. Il Colonnello saluta il Monco al termine del film con un sorriso quasi paterno, ha infatti sempre chiamato il Monco, “ragazzo”.

Maurizio Donazzon tiene corsi di Scritture creative a Treviso. I suoi racconti, contemporanei e di genere, sono presenti in Il Loggione Letterario, Il Paradiso degli Orchi, Lahar Magazine, Narrandom, Sguardindiretti, Spazinclusi, Verde Rivista, WebSite Horror. È autore e curatore della sezione Abbecedari presso Spazinclusi.

Link a tutti i suoi testi qui: https://linktr.ee/mauriziodonazzon


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