Che senso ha leggere oggi, nell’era del collasso, una storia ambientata nell’estate del 1800? Che senso ha seguire tre disertori che si lasciano alle spalle le guerre napoleoniche per mescolare altrove sogno e paesaggio abbandonandosi ai fumi dell’hascisc? Per il piacere del racconto, certo, per la potenza della letteratura. Dumont, Urruti e Lemoine, sono Jean Giono e Francesco Biamonti che ritornano e si evolvono in Magliani, sono Magliani che si racconta attraverso la geografia incarnata di una genealogia ligustica, soprattutto sono personaggi indimenticabili, e sono anche funzioni narrative, pedoni in uniforme pittoresca guidati dal loro autore per costruire nel gioco di nascondigli e fughe, di infrattamenti e finestre aeree, una trama duplice, quella del racconto e quella della scrittura, uno scrivere che gioca al fare accadere cose, azioni, idee nascondendo il gioco, fuggendo dall’incredulità dell’adesso-qui, dando le spalle a paesaggi descrittivi per poi voltarsi e spararli in faccia al lettore…
View original post 1.405 altre parole