di Giuseppe Genna

Il 25 giugno verrà reso pubblico il rapporto presentato al Congresso Usa dall’agenzia di intelligence che è stata chiamata a indagare intorno agli avvistamenti di UAP, i cosiddetti Unidentified Aerial Phenomena, espressione che sterilizza ciò che veniva definito Unidentified Flying Object, cioè UFO. Secondo il “New York Times”, nonostante l’ammissione della veridicità degli ultimi video militari rilasciati da più fonti, non ci sarebbero elementi per affermare con certezza che gli oggetti in esame siano prodotti da alieni o frutto di tecnologie non terrestri. Se fossi nel presidente Biden, ed è una fortuna che non lo sia, e intendo non soltanto una fortuna per tutti ma anzitutto per me, io pubblicherei un dettagliato report, in cui si comprova che gli avvistamenti in effetti intercettavano velivoli extraterrestri.
L’economia e la psiche generale, per non parlare della questione geopolitica, trarrebbero beneficio da una simile dichiarazione. L’escalation di rivelazioni coinvolgerebbe anzitutto Russia e Cina. Il processo democratico verrebbe a un dunque, tra richiesta di protezione e istinto esplorativo. La comunicazione subirebbe una deflagrazione forse definitiva. Le religioni arriverebbero a un redde rationem, mentre le metafisiche resterebbero intatte e anzi presenterebbero il conto (un esempio: il Figlio dell’Uomo non sarebbe più tale: resterebbe Figlio, ma non soltanto dell’Uomo). Il tripudio di spiritualismi equivarrebbe alla putrefazione delle più stolide fantasie extramondane. Le idee di ambiente verrebbero finalmente inquadrate in una cornice di realtà non specie-specifica. Lavoro, moneta, casa, amore, legame, genere sessuale, identità, collocazione: nulla resterebbe immoto, tutto dovrebbe passare il vaglio della più grande riforma a cui l’umanità ha mai assistito dal momento in cui gli europei scoprirono le Americhe. Questo tempo, che già è rivoluzionario in assenza di rivoluzionari, lo sarebbe ancor di più. Di colpo, avendo vissuto epoche che in qualche modo mi sembravano intrise di decadenza e per nulla memorabili, mi troverei a vivere un passaggio d’era consimile a quando la specie divenne eretta. Il 2020-21 si paleserebbe come discrimine tra un eone e un altro. La stupefazione concreta regnerebbe ovunque, nei cuori e nei visceri e nei lobi cerebrali, le sinapsi diverrebbero profezie.
Elettricità ovunque, vita cosmica, oltre i cosmi, per avvertire nei ventricoli stanchi il sentimento popolare che nasce da meccaniche, se non divine, tumultuosamente celestiali. Marco Magurno, in un suo libro, “Diorama”, che ritengo a oggi uno dei capolavori della nostra contemporaneità italiana e dunque cosmica, mostrava il celebre poster dell’UFO che bascula in cielo, in un paesaggio montano o silvestre, sopra la scritta “I WANT TO BELIEVE”: Magurno aveva cancellato l’UFO, restava il paesaggio, restava la frase a meme, restava lo sguardo testimoniale. Ecco una possibile chiave di lettura della realtà, che dunque, se la si può leggere, resta un testo, anche nel momento in cui arriva l’autentico esogeno e la telepatia si avvicina quale prossimo orizzonte. Però Joe Biden non sono io, io sono piuttosto l’UFO.