Scienza Società

Il novaxismo e le sue radici fasciste

di Fabrizio Coscia

Cgil, l’assalto alle sede a Roma da parte dei manifestanti no-green pass coordinata dagli esponenti di Forza Nuova

Non c’è alcun dubbio che il novaxismo abbia una identità ideologica fascista. Possono argomentare tutto il tempo che vogliono intellettuali e filosofi, ma l’anima nera del movimento emersa la scorsa settimana a Roma (al di là delle infiltrazioni più o meno tollerate dai manifestanti) era già implicita nella posizione dei no-vax.

Quali sono i suoi ingredienti? Il complottismo – la cui prima matrice, non va dimenticato, è sempre i Protocolli dei Savi di Sion (a proposito, di quel tal Michetti che esterna sulla Shoah, ne avete letto, sì?) – la tentazione eversiva di un ceto medio sempre più confuso, una concezione di libertà spacciata per libertaria ma che in realtà non è altro che l’affermazione di un individualismo anticollettivista (il “me ne frego” mussoliniano aggiornato ai tempi nostri). Contestare il Green Pass, invocando i diritti della costituzione denota, tra l’altro, ignoranza della stessa costituzione cui spesso i no-vax si appellano, che all’articolo 32 sancisce a chiare lettere, udite udite: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività».

Ma il vaccino non è, agli occhi di questa gente, consapevolmente o no, il rimedio a un virus, bensì esso stesso virus: il virus proprio della “communitas” che essi da fascisti vogliono combattere. La parola «communitas», infatti, in latino deriva da «cum-munus» (ce lo ha spiegato il filosofo Roberto Esposito meglio di tutti) dove «munus» ha tre significati diversi: un «dovere» da compiere, un «debito» da pagare e un «dono» da dare. Ciò vuol dire che i soggetti di una comunità sono uniti da un obbligo che limita necessariamente la loro libertà individuale e li rende in qualche modo dipendenti dagli altri. Ecco, il fascismo intrinseco dei no-vax, per me, è tutto in questo rifiuto a riconoscersi nella comunità civile e nelle leggi di convivenza di una collettività, a riflettere sul senso più profondo del prefisso «cum», che incide la relazione tra i cittadini, e sul «munus» – dovere, debito o dono da dare – che ci lega al nostro prossimo.

Ed è su questo rifiuto che la sinistra dovrà lavorare (lavoro immane, perché la società è intrisa di individualismo, dopo i devastanti decenni di liberismo selvaggio, che hanno lasciato solo macerie tra cui si muovono oggi i nostri figli lobotomizzati dai social antisociali), se vuole recuperare peso e spazio, e contrastare il brodo di cultura in cui prolifera, cambiando sempre aspetto, il fascismo nostrano, che oggi si maschera da no vax e domani da chissà cosa.


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