Letteratura Società

L’importanza di metterci al servizio della comunità attraverso il linguaggio

TikTok, il social media in cui si creano e condividono brevi video, ha da poco raggiunto il grande traguardo di un miliardo di persone nel mondo che usano l’app. Qual è il segreto di questo suo successo?

a cura di Parole O_Stili

Questa settimana iniziamo con una frase che il Prof. Pietro Carmina, tragicamente scomparso nell’esplosione a Ravanusa, ha scritto ai suoi studenti e alle sue studentesse prima del pensionamento.

«Usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha.»

L’abbiamo scelta perché riesce a raccontare in modo efficace due cose per noi fondamentali
– la responsabilità che abbiamo nei confronti degli altri e l’importanza di metterci al servizio della comunità anche attraverso il nostro linguaggio
– il valore profondo del ruolo degli insegnanti e delle insegnanti che ci permette di sbirciare sul futuro delle nuove generazioni.

Algoritimi

Cos’è un algoritmo? Nel sistema dei social media un algoritmo è quell’insieme di regole matematiche in grado di mostrarti dei contenuti piuttosto che altri in base a determinate azioni che compi. Un esempio molto molto semplificato: se ho fatto like a un video con dei gattini, l’algoritmo memorizza che mi piacciono i gattini e mi proporrà sempre più contenuti con protagonisti dei coccolosi gatti. Un algoritmo calcola quindi quello che è perfetto per ognuno di noi. 

Ovviamente il loro funzionamento è molto più complesso di come lo abbiamo spiegato qui. 
Per comprendere qualcosa di più abbiamo scelto di sintetizzare un lungo articolo, pubblicato pochi giorni fa sul New York Times e che spiega come funziona esattamente l’algoritmo di TikTok. Ti lasciamo qui le informazioni più importanti ma se hai voglia di approfondire ti condividiamo più avanti anche il link originale in lingua inglese. 

Come TikTok legge la tua mente

TikTok, il social media in cui si creano e condividono brevi video, ha da poco raggiunto il grande traguardo di un miliardo di persone nel mondo che usano l’app. Qual è il segreto di questo suo successo? Lo ha rivelato il New York Times dopo essere entrato in possesso di un documento interno dell’azienda cinese in cui viene spiegato come funziona l’algoritmo ai dipendenti non tecnici. L’obiettivo principale dell’app è raggiungere sempre più persone e, per questo, TikTok lavora per ottimizzare 2 metriche in particolare: il “mantenimento”, cioè quanto un utente rimane sull’app e poi ci ritorna, e il “tempo trascorso” utilizzando l’app.

Il documento interno, che si chiama “TikTok Algo 101”, rivela quali sono le linee generali del suo sistema di raccomandazione, quello per cui dopo che guardiamo un video l’app ci consiglia altri video simili tenendoci attaccati allo schermo per tantissimo tempo. Le linee generali tengono conto di questi fattori: numero dei mi piace e dei commenti, per quanto tempo abbiamo guardato un video e per quante volte lo abbiamo riguardato, video salvati e video mandati per messaggio ad altre persone. Ovviamente questa è una formula molto semplificata ma ci sono molti più elementi che contribuiscono all’algoritmo. 

L’app, dunque, capisce perfettamente le nostre preferenze in modo molto preciso. C’è chi ci scherza dicendo “L’algoritmo di TikTok conosce la mia sessualità meglio di me”, ma ci sono molti esempi di video proposti: i consigli Excel, la cucina vegana, i film di registe finlandesi, la vita di una specifica celebrità, l’armocromia. Il tuo TikTok, per esempio, cosa ti propone? Il dipendente che ha consegnato anonimamente il documento al New York Times lo ha fatto proprio perché preoccupato di questo funzionamento. Quando un utente si trova in una condizione di tristezza, per esempio, può essere spinto verso contenuti che promuovono autolesionismo e suicidio (contenuti vietati dalle linee guida della piattaforma, che sta lavorando a un modo per eliminarli prima possibile). 

La capacità di TikTok di intrattenerti ha quindi dei lati positivi e dei lati negativi. Due suggerimenti: fissare un limite di tempo giornaliero nell’uso dell’app e attivare il sistema di Parental Control di TikTok. Per approfondire, ti lasciamo l’articolo del giornalista del New York Times Ben Smith “How TikTok Reads Your Mind”.

Continuiamo a parlare di algoritmi. Questa volta però è il turno di Instagram il quale, proprio alcuni giorni fa, ha annunciato che apporterà alcune modifiche al modo in cui noi utenti visualizzeremo in futuro i contenuti: ovvero, in ordine cronologico di pubblicazione.  

La scelta è arrivata dopo lo scandalo portato alla luce dal Washington Post: una ricerca di Instagram, rimasta riservata, riportava che il 32% delle adolescenti stavano male e non in equilibrio con il proprio corpo a causa del social media. Un periodo un po’ turbolento per il social di Mark Zuckerbergche ha così deciso di fare una sterzata verso un’altra direzione. Ovviamente restiamo in attesa di capire meglio come funzionerà il nuovo algoritmo e quali saranno i reali vantaggi per noi utenti.

La scorsa settimana abbiamo iniziato a fare un piccolo riassunto di questo anno che sta per concludersi (se non l’hai ancora letto, puoi recuperare qui).
Anche oggi vogliamo continuare con 3 classifiche:

La prima classifica
Vede gli account TikTok più seguiti in Italia, dove al primo post c’è ovviamente Khaby Lame (se non sai chi è mettiti subito a studiare perché i suoi video sono molto divertenti), seguito poi dall’imprenditore e influencer Gianluca Vacchi e da Arnaldo Mangini, una sorta di Mister Bean italiano. Leggi la classifica.

La seconda classifica
Riguarda i tweet più popolari di questo anno. Il podio? È composto da Fedez con il suo tweet di polemica con la Rai, seguito da Twitter stesso che si prende la scena durante il giorno in cui Facebook, Instagram e WhatsApp sono andati in down, e dai Maneskin dopo la vittoria a Sanremo. Continua a leggere la classifica.

La terza classifica
È la classifica mondiale degli account più seguiti, divisi per i diversi social. Unico account italiano presente è quello di Khaby Lame che con 185 milioni di follower ha superato di gran lunga la regina dei social Chiara Ferragni (30,3 milioni di follower).

Consigli di lettura

Il Natale è alle porte, così come la corsa ai regali. Ma c’è qualcosa di più bello di regalare un libro? Sì, a volte c’è ammettiamolo 😃 però se il tuo budget non è molto alto ma la voglia di condividere conoscenza sì, allora ti lasciamo qui alcuni libri che abbiamo letto e che abbiamo trovato molto utili. Ovviamente tutti fanno riferimento all’uso delle parole al linguaggio.

Le vie del senso, di Annamaria Testa (Garzanti)

Siamo oggi sottoposti a un inarrestabile flusso di informazioni, di testi, di immagini. Interrogarsi criticamente sul senso dei discorsi e sulla loro intenzione è decisivo per comprenderli ed essere davvero liberi. Usando con accortezza le parole è infatti possibile non solo interpretare ma anche deformare e manipolare i dati di realtà fino a costruire e sostenere tesi diametralmente opposte. Annamaria Testa smonta e rimonta gli elementi di base della comunicazione, e lo fa con rigore e immaginazione. Dalle prime pagine della stampa internazionale al visual journalism, dai social media ai format televisivi, dalle scelte cromatiche dei maggiori brand alle infografiche, questo libro ci svela i meccanismi permanenti che tengono insieme informazione, narrazione ed emozione. Ci offre gli strumenti teorici e pratici per produrre comunicazione, per capirla e per orientarci nell’universo iperconnesso a cui tutti apparteniamo. Il punto di partenza è una frase elementare: Bella giornata oggi. Attorno a questo frammento irrisorio Annamaria Testa costruisce un sorprendente esercizio di stile. Ci mostra che ogni testo può dire qualcosa di meno, o di più, o di diverso da quel che sembra. E che la nostra ricerca di senso va sempre oltre le parole.


Le ragioni del dubbio. L’arte di usare le parole, di Vera Gheno (Einaudi)

Guardiamoci intorno: quante sono le persone che intervengono nelle discussioni senza alcuna competenza specifica pensando di averla? Quanti criticano gli esperti con un «Io non credo che sia così» dall’alto di incrollabili certezze? Ci siamo abituati un po’ troppo a parlare e a scrivere senza fermarci prima un attimo a pensare, e rischiamo così di far sempre più danni. Perché le parole non sono mai solo parole, si portano dietro visioni differenti della realtà, tutte le nostre aspirazioni e le nostre certezze: ovvio che possano generare conflitti e fare male. Ma possono anche generare empatia e fare del bene, se impariamo a usarle meglio. Vera Gheno indaga i meccanismi della nostra meravigliosa lingua, e lo fa con la leggerezza calviniana di chi ammira il linguaggio senza peso perché conosce il peso del linguaggio. E in queste pagine, lievi ma dense, distilla un «metodo» per ricordarci la responsabilità che ognuno di noi ha in quanto parlante. Un metodo che si fonda innanzitutto sui dubbi, che ci devono sempre venire prima di esprimerci: potremmo, nella fretta, non aver compreso di cosa si sta davvero parlando, capita a tutti, anche ai più «intelligenti». Poi sulla riflessione, che deve accompagnarci ogni volta che formuliamo un concetto. E infine sul silenzio, perché talvolta può anche succedere, dopo aver dubitato e meditato, che si decida saggiamente di non avere nulla da dire.


La cura delle parole, di Maria Antonietta La Barbera (Plumelia Edizioni)

“Parola” e “Cura” sono due realtà intimamente legate all’esistenza di ogni persona in modo più o meno consapevole. Nelle 348 pagine del suo nuovo libro LA CURA DELLE PAROLE, Maria Antonietta La Barbera, già docente di Letteratura francese presso l’Università di Palermo, focalizza l’attenzione sul linguaggio, sull’uso sciatto delle parole ormai dilagante in tutti gli ambiti, individuandone alcune cause e mettendone in evidenza alcune disastrose conseguenze. L’autrice mostra l’urgenza di un’ecologia della parola, giacché il vivere sociale si basa sulle relazioni e nessuna relazione autentica è possibile se le parole sono ammalate e contagiosamente infestanti. Volutamente diversificato il registro letterario praticato nel libro: riflessioni, citazioni, esperienze personali s’intrecciano con testi poetici, teatrali, narrativi e saggi di critica letteraria, allo scopo di rendere chiara al lettore l’urgenza di un uso responsabile e creativo delle parole, per una finalità etica ed estetica che si annodano visceralmente, riversandosi l’una nell’altra, senza però mai confondersi. Questo libro è un viaggio attraverso le innumerevoli parole che abitano l’autrice e che sono disseminate in queste pagine, nell’intento di tracciare un itinerario volutamente zigzagato per evitare percorsi scontati, scegliendo il “rischio” di guardare con occhi nuovi anche quel che potrebbe essere considerato insignificante e senza volto. Parole per camminare, per fermarsi e ascoltare, per sostare stupiti, parole per ripartire e scegliere di condividere le sillabe vitali, nell’impegno di liberare la parola libera, sorgiva e liberante.


Basta dirlo. Le parole da scegliere e le parole da evitare per una vita felice, di Paolo Borzacchiello (Mondadori)

Quanti di noi cominciano abitualmente una conversazione con espressioni come “Scusa se ti disturbo”, “non ti ruberò troppo tempo”? Formule all’apparenza innocue, di cortesia, che in realtà nascondono trappole cognitive che ci impediscono di essere davvero efficaci. Lo stesso vale per certe frasi e modi di dire che ci sentiamo ripetere fin da bambini – “così fai piangere la mamma”, “l’erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re” – e che inconsapevolmente agiscono come anatemi sulla nostra esistenza, influenzandola negativamente. “La nostra vita” ci spiega Paolo Borzacchiello, uno dei massimi esperti di intelligenza linguistica, “è il risultato del linguaggio che usiamo in ogni contesto, con noi stessi e con gli altri. Utilizzare un linguaggio pulito e costruttivo, e liberarti delle frasi e delle parole che inconsapevolmente ti fanno del male, ti permetterà di trasformarti, letteralmente, in una migliore versione di te stesso. E non parlo di teorie esoteriche o di vaneggiamenti in stile pensiero positivo: parlo di reti neurali, di strutture cerebrali e di architetture che concretamente faranno poi parte di te e di conseguenza della tua vita. Puoi essere più forte delle tue abitudini. Ci metterai un po’ più di 21 giorni, ma alla fine vincerai tu. Il concetto è semplice: come parlerebbe la persona che vuoi diventare? Scegli le parole e usale, con la consapevolezza che le parole fanno cose”. Con il suo stile semplice e diretto, Paolo Borzacchiello condivide con il lettore quanto ha imparato in anni di studi nell’ambito dell’intelligenza linguistica e delle interazioni umane: ci spiega quali espressioni ci ostacolano nell’ottenere i risultati che desideriamo e quali invece sono armi potentissime in grado di garantirci autorevolezza in ogni contesto, quali frasi agiscono come incantesimi e ci fanno stare bene e quali invece demoliscono la nostra autostima e ci impediscono di essere felici. Un manuale semplicissimo ed estremamente pratico per migliorare il nostro modo di comunicare con noi stessi e con gli altri e vivere la vita che vogliamo.


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