Nella vicenda del corsivo parlato, molto discussa in questi giorni, l’aspetto che mi piace di più è sicuramente il nome. Chi ha inventato la definizione “corsivo parlato” ha avuto una bella trovata davvero. E’ un titolo suggestivo, evocativo, uno squarcio che potrebbe aprire scenari impensabili: come certi libri o certi film che ti conquistano per il titolo e poi scopri che il contenuto non è all’altezza. La stessa cosa, alla fine, succede con il corsivo parlato, giochino di imitazione di un certo tono snob e fastidioso del dialetto milanese, con qualche sfumatura inventata e la risonanza dei social e di Tik Tok.
Le lezioni di questo fantomatico linguaggio non sono niente di particolarmente originale, qualcuno ha scomodato precedenti illustrissimi come Franca Valeri, ma possiamo pensare anche alla professoressa di tuscolano di Alessandro Fullin. L’aspetto più sfizioso è quello di parlare di dittonghi e di fonetica, anche se a farlo sono…
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