di Louis Pattison (traduzione di Vincent Baker)

Capita ogni tanto che uno scrittore si infiltri nella cultura popolare, contagi altri ambiti artistici, nella misura in cui diviene famoso ed è riconoscibile dal solo cognome. Nel caso di J. G. Ballard, la sua scrittura rimane imbattuta per la profondità e per la devianza della sua immaginazione. Da quando il romanziere inglese scomparve nel 2009, dopo aver perso la battaglia contro un cancro alla prostata, possiamo affermare di vivere in un mondo ballardiano, circondato da temi profondamente inquietanti di cui tenne ad avvertirci – audaci visioni di degrado urbano, di tecnologie esotiche, patologie sessuali e di collasso dell’ecosistema. È difficile mettere in relazione la persona di Ballard – con un padre vedovo che ha cresciuto tre figli nel tranquillo sobborgo londinese di Shepperton, che non ha mai provato nulla di più forte di un whisky single malt – con il contenuto spesso depravato dei suoi romanzi. Da parte sua, Ballard ha sempre negato che il proprio lavoro fosse guidato da una qualche rovina esistenziale o dalla negatività; sono, come dichiarò, “metafore estreme”, un ammonimento su ciò che si potrebbe trovare proprio dietro l’angolo del nostro presente.
Ballard fu colto da ricca ispirazione nella seconda metà degli anni ’70, realizzando romanzi come Crash, L’isola di cemento e Il condominio, i quali avrebbero avuto un potente ascendente sul linguaggio del punk emergente, del post-punk e delle nuove ondate di genere. Gruppi come The Human League, The Comsat Angels o gli Ultravox furono tutti discepoli di Ballard, e molti lo citarono esplicitamente. I Joy Division plagiarono il titolo della canzone ‘Atrocity Exhibition’ dalla raccolta sperimentale di fantascienza del 1970 di Ballard, mentre Daniel Miller, gran capo di Mute Records, iniziò la sua carriera musicale, con lo pseudonimo The Normal, intitolando una canzone ‘Warm Leatherette’, riferimento al romanzo di Ballard del 1973 Crash, autoproclamandolo ‘inno psicopatico’ a causa del potenziale erotico che risiederebbe in un incidente automobilistico. L’influenza di Ballard sopravvisse oltre il punk del XX secolo. Il gruppo pop psichedelico di Luke Steele, gli Empire of The Sun, prese il nome dall’opera più famosa di Ballard, L’impero del sole, romanzo semi-autobiografico in cui viene descritta l’infanzia dello scrittore in tempo di guerra a Shanghai; Myths Of The Near Future, invece, dei Klaxons, mutuava il titolo di un album da una raccolta di racconti. Nel frattempo, l’influenza di Ballard è sfociata perfino nella dance music – in particolare nelle prime espressioni del dubstep, che utilizza i ritmi balzellanti del garage U.K. affogati nelle atmosfere di ansia e terrore dell’urbanità.
Perché le visioni di Ballard si sono rivelate così durature? Elizabeth Bernholz, alias Gazelle Twin, artista di musica elettronica da Brighton, crede che l’autore abbia qualcosa da dirci sul mondo a venire come nessun altro. “Ballard ha predetto la minaccia e le conseguenze dell’ultra-conservatorismo all’interno di una società completamente capitalizzata”, afferma. “La sua descrizione del tribalismo di classe britannico, in particolare, si è rivelato azzeccato per almeno 40 anni di fila. I suoi sono manuali di sopravvivenza per l’imminente futuro.”
Di seguito, i migliori artisti presenti su Bandcamp influenzati dalle atmosfere di Ballard.
Kode9 (vero nome Steve Goodman), è il capo della Hyperdub Records di Londra, un punto di riferimento per le più grandi promesse della dance music, e come secondo lavoro fa anche l’accademico. L’influenza della teoria culturale, della filosofia e della narrativa speculativa è l’essenza dei suoi lavori. L’album del 2015 di Goodman, Nothing, è di inequivocabile gusto ballardiano: le sue incursioni in sinuosi sudiciumi, i tipici passi e il sintetizzatore da film horror anni Settanta sono tutti legati al concetto che ruota attorno al “Notel”, il futuristico hotel di lusso abbandonato dall’umanità. Goodman ha tracciato il paradigma tra la scrittura di Ballard e la musica dance elettronica. “A metà degli anni ’90, quando stava arrivando la jungle, ho letto Il mondo sommerso, ambientato in una Londra affondata nell’acqua, una sorta di Londra tropicale in cui la maggior parte della città è inondata”, ha rivelato in un’intervista a DJ Rupture. “Le creature subiscono questa specie di bizzarra evoluzione all’incontrario, così da ritrovarci degli pterodattili che volano tra quelle che erano strade, ma ora sono lagune. E, tutta quell’umidità e quella fluidità in quell’idea di Londra, l’avevo, in un certo senso, percepita nella jungle.”

Elizabeth Bernholz, in arte Gazelle Twin, è l’artefice di un nuovo genere di performance audiovisiva itinerante dell’ultimo romanzo di Ballard, Regno a venire, un colpo d’occhio sui sobborghi inglesi che sprofondano in una nuova, virulenta tensione del fascismo consumistico. Una prerogativa ballardiana attraversa tutta l’opera di Bernholz: gli album di Gazelle Twin sono profondi tuffi nelle fratture del subconscio, raccontato attraverso un’elettronica febbrile, assolutamente moderna, fatta di voci distorte e beat che guizzano come lampade stroboscopiche. Il suo album del 2014, Unflesh, lotta con temi quali l’essere sorvegliati e gli orrori del proprio corpo: da adolescente, la Bernholz ha sofferto di un disturbo da dismorfismo del corpo. Ma, come in Ballard, c’è anche molto umorismo nero sepolto tra le pieghe dei suoi lavori. Nel video di “Belly Of The Beast”, i prodotti animali in vendita di un supermercato provano a vendicarsi degli acquirenti inconsapevoli, mettendosi a controllare i bip di uno dei registratori di cassa self-service.
L’apocalisse fa da filo conduttore a tutto il lavoro dei Locrian, gruppo di Chicago il cui lavoro comprende metal drone doom, prog rock, black metal e noise. Molti dei loro primi album, come Drenched Lands e Rhetoric Of Surfaces, sono impregnati di un’estetica del degrado e del collasso in cui vi si possono ritrovare molte opere ballardiane – basta dare un’occhiata alle foto scattate al Dixie Square Mall, un centro commerciale abbandonato di Harvey, nell’Illinois, chiuso alla fine degli anni ’70 e inghiottito pian piano dalla natura. C’è un riferimento esplicito a Ballard nelle fatiche dei Locrian: The Crystal World del 2010 drammatizza musicalmente il romanzo di Ballard del ’64, Foresta di cristallo, racconto di un’entropia stranamente positiva che avviene nella giungla dell’Africa centrale. “Amo quanto, allo stesso tempo, sia bello e tragico il libro, quanto sia inevitabile la situazione mentre prende piede sul paesaggio verdeggiante”, ha detto uno dei componenti, Terence Hannum. “Le foreste e l’umanità sono un garbuglio disordinato, ma l’evento rimette tutto a posto, riordina tutto in una stasi. È crudele e senza speranza, eppure fantastico.”
Dave Best, del colto gruppo krautpop di Brighton Fujiya e Miyagi, conosce senza dubbio il suo Ballard. Il sesto album omonimo della band inglese include titoli di canzoni che parlano da sé, come “Impossible Objects Of Desire” e “Synthetic Symphonies”, mentre “Swoon” è tratto direttamente da I segreti di Vermillion Sands, una raccolta di racconti scherzosi ed esotici del 1971, che pone l’immaginario di Ballard alla deriva verso una fantastica località di villeggiatura di un futuro non troppo lontano. “Li ho letti la prima volta secoli fa, ma li ho riletti ancora e ancora, e ho preso piccole parti da ogni storia e questo è quello che sono le mie canzoni: piccoli pezzi di Ballard filtrati dal mio modo di interpretarli,” ha detto Best al Brighton Music Blog. “In pratica, hai questo Devo che scopre il beat dei Joy Division, e la cosa lo turba. Ci sono affezionato, è una canzone molto dolce.”
Sotto contratto per l’Hyperdub di Kode9, il terzo album di Sara Abdel-Hamid, nelle vesti artistiche di Ikonika, è stato ispirato da un incidente dai risvolti assolutamente ballardiani sulla M4, una delle arterie autostradali più importanti del Regno Unito. “Ricordo di aver visto una Lamborghini schiantata sul cavalcavia. Le [gomme] sono volate via, la borsa e gli indumenti da palestra [del guidatore] erano sparpagliati dall’altra parte della strada. Mi ha ricordato L’isola di cemento e Crash di J. G. Ballard,” ha dichiarato a Fader. Alcuni anni dopo, Abdel-Hamid è rimasta coinvolta in un incidente automobilistico a sua volta, che l’ha lasciata per diverso tempo bloccata a casa. Quella è stata la circostanza in cui ha scritto “Distractions”, una sorta di confabulazione onesta, ma imprevedibilmente solitaria, ottenuta da un sintetizzatore vintage in un R&B mozzafiato.
Il romanzo di Ballard del 1974, Crash, sembrò segnare un cambiamento nella sua prosa, una rottura decisiva nei confronti della sua prima opera di fantascienza, nonché uno spostamento verso uno “spazio interiore” caratterizzato da ambientazioni nell’immediato futuro, dando enfasi alla psicologia umana. Crash fu un flop negli Stati Uniti, ma, a sorpresa, un bestseller in Francia (Ballard lo attribuì alla “tradizione francese della pornografia colta”). Uno dei lettori francesi più accaniti di Ballard fu Thierry Müller, fotografo e grafico parigino che prese parte in un gruppo di influenza krautrock, gli Ilitch, e plasmò la classica forma del futuro nell’album dei Ruth Polaroid/Roman/Photo. Nel 1984, Müller si unì a Philippe Doray per lavorare su Crash. Due tracce, “Pile Ou Face” e “Vaughan’s Ballad” – il secondo dedicato al seducente antieroe del romanzo – catturano perfettamente l’orrore contenuto nel libro, un glaciale synthwave energizzato da palpitanti sintetizzatori Roland e Farfisa.
“La letteratura [di Ballard] mi colpisce come sa fare la miglior musica,” ha detto Kevin Martin a FACT in una recente intervista. “Ti riorganizza l’intero sistema nervoso, quando leggi i suoi libri. È coinvolgente, è viscerale.” Viscerale, immersivo, che ti riorganizza il sistema nervoso – tutte queste sarebbero descrizioni calzanti per la musica che Martin fa con i The Bug, un progetto che dura da tempo e che si avvicina alla musica dub e dancehall con un tocco di sensibilità industrial. Il capolavoro dei The Bug, London Zoo, ha l’ineccepibile sapore di un’opera ballardiana, nel senso più soffocante prodotto dallo spaventevole urbano, assemblando insieme ritmi ragga, grime e MC bashment atti a creare una zona di guerra sonora, vivida quanto la prosa de Il condominio. Parallelamente, Concrete Desert – la recente collaborazione di Martin con Dylan Carlson degli Earth – è ispirata direttamente dalle distopie metropolitane di Ballard; un ritratto cupo e cinematografico di Los Angeles, in cui la ronzante chitarra drone di Carlson emerge in mezzo ai cupi miasmi di fuligginose drum machine ed elettronica radioattiva.
Il lavoro di Ballard ha spesso mostrato un certo fascino per il paesaggio e l’architettura. È quindi ovvio che il suo lavoro dovrebbe essere studiato dalle figure che operano nel campo della psicogeografia e della fonografia, la registrazione sul campo. Janek Schaefer è una di queste figure. Sound artist londinese che collabora con artisti del calibro di William Basinski e di Phillip Jeck, i suoni di fondo fluttuanti e iridescenti di Schaefer – ottenuti utilizzando registrazioni sul campo e giradischi speciali modificati – rimandano spesso agli scritti di Ballard quale materiale d’ispirazione. L’Inner Space Memorial di Schaefer è una sorta di epitaffio dedicato a Ballard. Il pezzo ha debuttato come parte della sua retrospettiva al Bluecoat di Liverpool verso la fine del 2009, pochi mesi dopo la morte del romanziere. Le due tracce presenti includono frammenti audio di Ballard mentre parla del suo lavoro, assieme a registrazioni sul campo catturate da una passerella sopra l’autostrada M3, che passa appena terminata la strada della casa di Ballard a Shepperton. “Viveva giusto oltre il fiume di casa mia,” ha raccontato Schaefer. “Mentre leggevo la sua autobiografia nel 2009, mi aggiravo da quelle parti nella speranza di poterlo salutare, ma ho scoperto che era troppo tardi.”
― via Bandcamp
Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e SOSTIENI DOWNTOBAKER
