Usciamo dal commento mainstream.
Il punto non è se ci troviamo in presenza o meno di un prodotto di consumo (lo è). Il punto non è se i testi di Tolkien siano stati ripetutamente, vertiginosamente traditi (lo sono stati). E il punto non è se l’immaginario un po’ cheesy di Peter Jackson sia stato condizionante o, al contrario, sia stato riveduto e corretto perché troppo “post-apocalittico” (è totalmente anodino). Il punto è capire perché, a quasi mezzo secolo dalla morte di Tolkien, il calderone di racconti che lui ha predisposto dedicandogli una vita intera sia oggi produttivo di nuove storie, di nuove varianti, di nuovi immaginari. Perché l’essenziale su cui riflettere, qui, è che proprio come sono esistite tradizioni celtiche e germaniche, come è esistita una materia di Francia e una di Bretagna, la nostra epoca possiede una “materia tolkieniana”, cioè un corpus di temi geograficamente radicati che sono generativi…
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